La riforma del Fisco secondo i partiti, meno tasse per chi guadagna fino a 55 mila euro

di Enrico Marro

Possibile l’intesa sul taglio delle tasse per i ceti medi

Ancora l’altra sera, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, in audizione alla Camera, ha confermato che il governo presenterà entro la fine di luglio il disegno di legge delega per la riforma del fisco e che questo si ispirerà alle conclusioni dei lavori delle commissioni Finanze di Camera e Senato, che hanno svolto ben 61 audizioni tra esperti del settore, istituzioni nazionali e internazionali e ora si accingono a terminare i lavori. Ecco perché sono importanti i documenti con le proposte di riforma che ciascun gruppo politico ha appena depositato. Essi sono la base per il difficile e delicato compito che attende i presidenti delle due commissioni, rispettivamente Luigi Marattin (Italia viva) e Luciano D’Alfonso (Pd), che cercheranno di arrivare a un documento conclusivo di sintesi che possa raccogliere il consenso della maggioranza; complicato per una coalizione che va dalla Lega a Liberi e uguali. Ma, come dice Marattin, un’occasione unica per il Parlamento, che si lamenta sempre dello strapotere del governo, di incidere, con una riforma attesa da tanti anni e decisiva per il rilancio dell’economia. Dopo aver letto i documenti presentati da tutti i gruppi, viene da concludere che il successo o meno dell’operazione dipenderà dalle scelte politiche dei partiti, in particolare Lega e 5 Stelle, più che dalle distanze sui contenuti, che pure sono forti. In sostanza, se la scelta sarà di mandare avanti il governo Draghi e di fargli fare un salto di qualità con una riforma storica, si potrebbe arrivare a una legge che ruoti intorno al ridisegno delle aliquote e degli scaglioni dell’Irpef per alleggerire il prelievo sui ceti medi (28-55mila euro), volontà che si ritrova in tutti i documenti, sia pure declinata in modo diverso, e che è nel programma dello stesso governo. Se invece le tensioni nella maggioranza saliranno, sarà facile far prevalere gli elementi di scontro, perché resta comunque il fatto che nei documenti ciascun partito ha confermato le proprie scelte identitarie. La Lega con l’obietivo della flat tax, il Pd con l’aumento delle tasse di successione, Leu con la patrimoniale sui più ricchi e così via. C’è poi un problemino di non poco conto: tagliare le tasse costa e tanto. Molti documenti tralasciano questo punto. Ma non potrà fare altrettanto il governo.

Scaglioni Irpef, il salto dal 27 al 38%

Partendo dal centrosinistra, il Pd è per ridurre l’Irpef sui primi tre scaglioni di reddito, cioè fino a 55mila euro, tagliando il differenziale di aliquota (dal 27% al 38%) tra il secondo (15-28mila euro) e il terzo (28-55mila), ma senza dire di quanto. In alternativa, il modello tedesco: «una funzione matematica continua» di prelievo commisurata al reddito. I 5 Stelle propongono di ridurre le aliquote da 5 a 3: 23% fino a 25mila euro, 33% da 25mila a 55mila, 43% oltre. Anche Italia viva prospetta la modifica delle aliquote per i redditi tra 28mila e 55mila euro. Leu è per il modello tedesco: con 40mila euro di reddito si risparmierebbero 2.245 euro di Irpef. Nel centrodestra, la Lega conferma l’obiettivo della flat tax (aliquota unica). Nel frattempo propone la «flat tax incrementale»: un prelievo del 15% sui redditi in più dichiarati sull’anno precedente e di attenuare lo scalone tra seconda e terza aliquota (27-38%). Forza Italia propone 3 aliquote (15-23 e 33%) con quella del 23% tra 25mila e 65mila euro come fase di passaggio verso la flat tax. Anche Fratelli d’Italia è per 3 aliquote, estendendo quella del 27% ai redditi fino a 55mila. Anche Fi e FdI sono per la flat tax incrementale.

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