Licenziamenti bloccati, battaglia sui numeri, ma il lavoro è ripartito

LUCA MONTICELLI

Dai 70 mila dell’Upb al mezzo milione dei sindacati: sono le stime che si rincorrono sui posti di lavoro a rischio con lo sblocco dei licenziamenti. L’Ufficio parlamentare di Bilancio vede nella scadenza del 1° luglio «conseguenze relativamente limitate, con 70 mila lavoratori che potrebbero perdere l’impiego, concentrati quasi esclusivamente nell’industria». Nelle costruzioni, invece, l’Upb vede una ripresa già in corso e un aumento di contratti sia a termine sia a tempo indeterminato. Le aspettative di crescita – sottolinea l’Authority dei conti pubblici nella memoria al Decreto Sostegni bis depositata alla Camera – favoriranno soprattutto i giovani «che nei mesi scorsi hanno visto venire meno le opportunità di impiego». Che lo sblocco dei licenziamenti possa favorire proprio i giovani, tra i più colpiti dalla crisi a causa del taglio dei precari, è un ragionamento condiviso dalla Commissione Ue. Ci si interroga spesso su quanti disoccupati potrebbe produrre la fine del divieto di licenziare, dimenticando che nell’anno della pandemia l’Istat ha rilevato 945 mila occupati in meno.

Quante altre persone potrebbero essere lasciate a casa nei prossimi mesi? Le schermaglie tra associazioni datoriali e sindacati proseguono anche a colpi di cifre. Il leader degli industriali Carlo Bonomi quantifica gli esuberi in 100 mila unità su oltre quattro milioni di addetti nei settori dell’edilizia e dell’industria; eppure in un recente rapporto Confindustria-Cerved spicca un numero più che triplo. Nel documento pubblicato il 28 maggio, viale dell’Astronomia prevede una perdita di posti di lavoro tra dicembre 2019 e fine 2021 «di circa 1,3 milioni di unità, pari all’8,2% del totale dei 16 milioni di addetti nelle imprese prima dell’emergenza». Un dato che Confindustria definisce «vicino» a quello Istat, peccato che una rilevazione del genere l’Istituto nazionale di statistica non l’abbia mai fatta. Se l’Istat ad aprile ha stabilito 945 mila occupati in meno, Confindustria da qui a dicembre ne immagina altri 355 mila. I sindacati hanno rilanciato la previsione di 577 mila esuberi, diffondendola come una elaborazione della Banca d’Italia. Da Palazzo Koch hanno tenuto a precisare che i dati a loro disposizione evidenziano nel 2020 il salvataggio di 440 mila posti grazie al blocco dei licenziamenti e alle misure varate per frenare la recessione.

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