Terribili, folli, nuovi, creativi. Ecco cosa furono gli anni Venti

Luigi Mascheroni

Come abbiamo cambiato il modo di guardare le cose, come abbiamo superato la catastrofe, come abbiamo imparato a sopravvivere e tornare a sperare, creare, ballare… come fosse una nuova vita. E se tutto questo fosse successo negli anni Venti?

Gli anni Venti del ‘900, per l’Europa, furono il decennio più nuovo di quel secolo. Usciti da un conflitto mondiale di oltre quattro anni, uomini e donne reagirono al trauma della guerra, alla pandemia del 1918 e alla grande recessione economica che seguì, con un desiderio di vivere dirompente e irripetibile. O forse, chissà, si ripeterà anche in questi anni Venti, oggi.

Anni di straordinario progresso, nuovi paradigmi, esplosione di creatività e di liberazione nei costumi. Anni di trasformazione, di avanguardie, di invenzioni. Anni geniali. Anzi, folli. I folli anni Venti, come racconta la maestosa mostra inauguratasi sabato al museo Guggenheim di Bilbao (fino al 19 settembre) e che, parlando di ieri, allude naturalmente a oggi.

Due anni di studio e uno per selezionare le opere. Due curatori: Cathérine Hug del Kunsthaus di Zurigo e Petra Joos del Guggenheim. Un regista teatrale come Calixto Bieito per mettere in scena un decennio loco e drammatico. Oltre 350 opere fra dipinti, sculture, fotografie, disegni, poster, filmati, collage, pezzi di design, riviste e costumi. Un percorso lungo sette enormi sale che – tra Dada, Surrealismo e Bauhaus – sono altrettanti capitoli narrativi. E una Storia che diventa, rivista da vicino, cronaca quotidiana.

Eccoli, gli anni Venti. Quando, usciti dal conflitto, si cominciò a ballare. Quando le donne si accorciarono i capelli e cominciarono a fumare (ci sono le cartoline postali di femme che non sono più fatale ma del tavolino accanto, fotografate da Julian Mandel). Quando l’emancipazione femminile passava anche dal sesso come professione (le chine di Jeanne Mammen o i disegni di Otto Dix, fra prostitute, marinaie, donne allo specchio). Quando l’automobile non era più una novità ma un lusso: e com’è moderna la rivista Die Dame con quella copertina di Tamara de Lempicka, luglio 1929. Quando si poteva girare per l’Europa senza passaporto, mentre dopo abbiamo dovuto aspettare Schengen. Quando le città crebbero a una velocità vertiginosa (c’è un progetto di Le Corbusier del 1922 per una Città contemporanea di tre milioni di abitanti…). Quando il concetto di famiglia patriarcale fu messo per la prima volta davvero in discussione, e i gruppi sociali svantaggiati fecero sentire la loro voce nella cultura e nella politica. Quando l’intrattenimento, a partire dal cinema, divenne un’industria. Quando si affacciarono inediti modelli femminili e nuovi modi di vivere la sessualità. E bisogna fermarsi a vedere alcuni minuti del film Anders als die Andern, in italiano Diversi dagli altri, diretto nel 1919 da Richard Oswald sui temi dell’omosessualità e dell’omofobia… E siamo ancora all’oggi.

«Gli anni Venti del ‘900 significano trauma, lotta, economia selvaggia e spietata. Ma sono anche un’esplosione di creatività, liberazione erotica, pulsione sessuale e femminismo» racconta Petra Joos, che ci accompagna per le sale di un Guggenheim sempre più bello (da poco nell’atrio del museo è stata collocata una grande struttura al neon del 1951 di Lucio Fontana…).

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