Mario Draghi e l’ipoteca Quirinale: lo scenario che agita i partiti

di Marco Damilano

Tutto congelato fino al 2023, voto compreso. Come si sta muovendo la politica in vista del semestre bianco di Sergio Mattarella

Si stima che le leggi delega possano essere adottate entro la fine dell’anno 2021 e che i decreti attuativi possano essere adottati entro la fine dell’anno 2022. Quante volte ricorre questo impegno nelle 273 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (Pnrr) votato dal Parlamento e presentato alla Commissione europa? Tante volte, forse troppe: a proposito della riforma del processo civile, della riforma del processo penale, del piano d’azione per l’economia circolare… Un crono-programma da rispettare e un monitoraggio serrato delle realizzazioni, a partire dal decreto semplificazioni che sarà approvato in questo mese e che ha fatto sospirare il presidente del Consiglio nell’aula della Camera: «Sono tanti gli interventi urgenti da fare a maggio…». Sarà per questo che al Senato, mentre in aula veniva presentato il Piano, un senatore del Pd gioiva con il voluminoso fascicolo in mano: «Il governo avrà da lavorare fino al 2023 e oltre!». Non si interrompe un’emozione. È il grande sottinteso dietro il Piano: far continuare Draghi. Oltre la campagna di vaccinazione. Oltre l’approvazione del Recovery. Oltre le elezioni amministrative nelle grandi città di autunno. Oltre, soprattutto, l’appuntamento più importante, su cui ruota ogni strategia. L’elezione del nuovo presidente della Repubblica.


Alla scadenza del settennato di Sergio Mattarella mancano nove mesi esatti, terminerà il 3 febbraio 2022. La lunga cerimonia degli addii è cominciata il 25 aprile, con un discorso sul «lascito morale» della Resistenza: «Rinascita, unità, coesione, i sentimenti che hanno consentito al Paese di archiviare con la Liberazione una pagina nefasta della sua storia». Sembrava anche l’indicazione dell’eredità, in quello che è stato l’ultimo 25 aprile della sua presidenza. È seguito il discorso del primo maggio, per la festa dei lavoratori. Per il 23 maggio Mattarella sta preparando un altro discorso cui tiene molto, la commemorazione di Giovanni Falcone e della strage mafiosa di Capaci. Il 2 giugno saranno i 75 anni della Repubblica. Il 23 luglio il presidente compirà 80 anni. E il 3 agosto comincerà il semestre bianco, con l’impossibilità di scioglimento anticipato del Parlamento.

Il sistema politico si avvicina a questi appuntamenti con i partiti, anzi le fazioni, senza rotta e in alcuni casi senza guida. Il governo di tutti è politicamente il governo di nessuno. L’epicentro della crisi è il Movimento Cinque Stelle, raccontarlo significa compiere quello che in un suo libro sui paesi del terremoto irpino Franco Arminio ha definito un viaggio intorno al cratere. Il primo gruppo parlamentare è senza dirigenti e leadership. Ci sono i ribelli che hanno già lasciato, quelli che attendono di farlo, l’incapacità di far nascere un partito nuovo, Casaleggio che si tiene gli elenchi degli iscritti, Giuseppe Conte che è un sor Tentenna. Resistono abbarbicati ai seggi conquistati nel 2018, un’era geologica fa, in un Parlamento che rispecchia un elettorato che non c’è più.


Sul lato opposto c’è la Lega di Matteo Salvini, ancora in testa nei sondaggi ma sempre più inquieta, dietro un leader che si è «bertinotizzato» (copyright Romano Prodi), ripete i fasti del Parolaio Rosso (copyright Giampaolo Pansa), costretto ogni giorno ad abbaiare alla luna per dimostrare la sua esistenza politica ma inseguito nei sondaggi da chi abbaia più forte di lui e senza neppure essere rinchiusa nella gabbia del governo: Giorgia Meloni con i Fratelli d’Italia.

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