Salvini e Figliuolo a confronto: quota 100 non va, quota 500mila sì

Nella vita spesso le coincidenze sono rivelatrici, succede quando due fatti non correlati fra di loro finiscono per gettare luce sulla realtà, o quanto meno su di un pezzo di essa. E’ questo il caso della campagna vaccinale e di quota 100: se si uniscono i puntini si ha la migliore rappresentazione della differenza fra chi risolve i problemi (la coppia Draghi-Figliuolo) e chi invece è bravo solo a fare propaganda (Salvini). Va da sé che i primi fanno il bene dell’Italia, il secondo al massimo solo di sé stesso.

Nello stesso giorno infatti sono stati pubblicati i dati dell’andamento delle vaccinazioni e quelli di quota 100. Partiamo dai primi. Il generale Figliuolo e il ministro Speranza hanno annunciato di essere riusciti a raggiungere l’obiettivo prefissato: 500mila somministrazioni al giorno. Ma la notizia ancora migliore è che questo ritmo può essere tenuto nei prossimi due mesi, se non superato, tanto da far dire al commissario straordinario che entro luglio sarà vaccinato il 60% degli italiani. Un grande risultato, raggiunto sì con una decina di giorni di ritardo rispetto ai piani originari, ma comunque raggiunto, peraltro fra mille difficoltà esterne come i casi di trombosi per Astrazeneca e Johnson & Johnson nonché i ritardi di consegna della multinazionale anglo-svedese. Insomma, in poco meno di un paio di mesi il premier Draghi e il generale Figliuolo sono riusciti nella non facile operazione di far decollare la campagna vaccinale italiana, condizione necessaria per tutelare la salute degli italiani e far ripartire l’economia già quest’anno. 

Ora passiamo ai secondi. L’Inps ha reso noti i risultati del grande cavallo di battaglia di Salvini ovvero la possibilità di andare in pensione prima, nota ai più come quota 100. Ebbene, i dati testimoniano un drammatico flop: rispetto ai 19 miliardi stanziati dal governo Conte 1 sono stati usati finora solo 10, poco più della metà. Questo significa che negli italiani non c’è mai stata questa grande urgenza di andare in pensione, né prima della pandemia né durante. A dimostrazione che in questo caso la propaganda politica ha creato un bisogno che nei fatti non c’è. Ma il flop lo si apprezza meglio se si va a guardare l’altro presunto grande vantaggio di quota 100. I leghisti tessevano le lodi della misura dicendo che avrebbe dato una grande spinta all’occupazione: per ogni pensionato, ci sarebbero stati tre giovani assunti in più. Peccato che, come ricorda oggi l’ex ministro Elsa Fornero, alla fine il rapporto si è rivelato al contrario: un assunto per ogni tre pensionati in più. A questo punto viene il dubbio che Salvini abbia fatto confusione con le stime ai tempi del governo gialloverde.

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