Aspettando Nicola (Atto secondo)

Questa la fotografia della situazione. Al netto della narrazione sulle consultazione popolare che, oggettivamente suona bene – un fatto di popolo, democratico, per far scegliere ai cittadini il candidato del centrosinistra, eccetera eccetera – la sostanza è che alle primarie del centrosinistra manca il centrosinistra, perché, come ha spiegato nell’intervista all’HuffPost, Carlo Calenda andrà avanti comunque e in modo anche piuttosto battagliero: il 15 maggio parte, di fatto, la sua campagna elettorale di cui sarà parte integrante anche una polemica proprio col Pd, con la pubblicazione dell’elenco di coloro che fanno politica nel Pd, stipendiati dalla Regione Lazio. Né è ipotizzabile a questo punto che la Raggi possa fare un passo indietro nell’ambito di un accordo nazionale con i Cinque stelle senza una way out, secondo la vecchia idea di Goffredo Bettini ai tempi del Conte ter. Che prevedeva l’ingresso al governo dell’attuale sindaco per candidare a Roma Zingaretti a capo di un’alleanza Pd-Cinque stelle e un grillino alla Regione Lazio, espressione della medesima alleanza.

Dunque il Pd balla da solo a Roma, a Milano, a Bologna dove il predestinato Matteo Lepore si confronterà alle primarie con la combattiva Isabella Conti, sindaco di San Lazzaro. A proposito, tenetela d’occhio perché è una candidata molto popolare, nonostante l’endorsement di Renzi che, da quelle parti, non aiuta. Il rapporto tra il suo video su facebook e la conferenza stampa di Lepore è sei a uno, dato che è stato notato con una certa apprensione dalla nomenklatura bolognese. A Torino è difficile cauterizzare le ferite di questi anni per arrivare a una candidatura comune. L’unica città dove sembra instradato l’accordo con i Cinque stelle è Napoli, grazie anche al lavoro del segretario Marco Sarracino che lo sperimentò l’anno scorso in tutti i comuni della Provincia, nonostante l’opposizione di Vincenzo De Luca. Il problema, non di poco conto, è il nome, che dipende anche dal quadro nazionale.

La verità, non di poco conto, è che tutti i nodi politici ancora non affrontati dopo le dimissioni di Zingaretti e momentaneamente coperti dal restyling sui capigruppo, sono arrivati al pettine: le tensioni del Pd, le contraddizioni del centrosinistra, quelle dell’alleanza con i Cinque stelle. Contraddizione di cui fa parte la fideistica attesa, altra attesa, di Conte, investito di salvifiche aspettative, una volta che prenderà in mano la leadership del Movimento. Meccanismo che ha più che a che fare con la “proiezione psicologica” dei propri desideri che con la realtà, per cui si evoca come guida di un Movimento dal volto umano, progressista, di centrosinistra, autonomo, ma poi si evita di prendere atto che, quando parla, dice di essere “né di destra né di sinistra” e quando non parla è per non prendere le distanze dai deliri di Grillo, perché ben consapevole di chi comanda da quelle parti. Insomma, l’attesa di un uomo senza volto in cui viene riposta la speranza che dia un volto al Movimento. 

L’HUFFPOST

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