Vaccino Covid italiano, a che punto siamo? «Frenati dalla burocrazia, fino a 6 mesi per sbloccare i fondi»

di Margherita De Bac

A che punto siamo con lo sviluppo del vaccino anti-Covid «made in Italy»? I tempi — secondo ei ricercatori di ReiThera, l’azienda farmaceutica con sede a Castel Romano — escludono la possibilità di un utilizzo entro pochi mesi. «Arrivare primi non sempre è premiante. C’è spazio per tutti, soprattutto se contro il virus Sars-CoV-2 ci sarà bisogno di rinnovare la vaccinazione ogni anno», accetta la sfida Antonella Folgori, fondatrice di ReiThera assieme a Stefano Colloca. Si spera di concludere il viaggio entro il 2021, ma molte sono le tappe da percorrere.

I primi risultati della sperimentazione su ReiThera

Attualmente il preparato è in fase due della sperimentazione clinica sull’uomo presso una ventina di centri italiani. I volontari sono stati arruolati e sottoposti alle prime somministrazioni con risultati incoraggianti. Gloria Taliani, infettivologa della task force della Protezione Civile assegnata all’ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino, è soddisfatta. «Gli inoculi sono cominciati circa 3 settimane fa su 80 persone divise in tre gruppi. Un gruppo riceve una dose intera, un secondo gruppo riceve due mezze dosi in due tempi, il terzo gruppo avrà il placebo». Ad Avellino il reclutamento è avvenuto attraverso annunci sulla stampa locale. Sono stati arruolati adulti sotto i 50 anni ma anche over 65. Secondo Taliani «i primi risultati sulla sicurezza sono buoni. È un vaccino promettente sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità. Abbiamo osservato eventi avversi molto lievi. Per le prime analisi sui risultati complessivi ci vorranno tre mesi».

Come funziona

Il vaccino è costruito sul principio del vettore virale: una volta somministrato, simula il contatto con l’agente infettivo evocando una risposta del sistema immunitario simile a quella causata dall’infezione naturale, ma senza causare la malattia. Per trasferire il gene della proteina Spike nell’organismo (la Spike, utilizzata dal virus per attaccarsi alle cellule umane è il bersaglio di tutti i vaccini ora in produzione) si usa un adenovirus derivato dal gorilla.

I dati relativi ai più giovani

Lo studio va avanti in collaborazione con l’istituto Lazzaro Spallanzani, finanziato dal Miur e dalla Regione Lazio (8 milioni). Altri 81 sono i finanziamenti di Invitalia la società pubblica che è entrata al 27% nell’azionariato di ReiThera dove l’azionista di maggioranza è la svizzera Keires. La prima fase della sperimentazione del Grad-CoV-2, questo il nome in codice, si è in parte conclusa a fine novembre. «I primi risultati mostrano come nei soggetti più giovani il nostro candidato vaccino è ben tollerato e in grado di stimolare risposte immunitarie. Tale risultato ci consente di passare ai più anziani», ha dichiarato Folgori nel presentare i primi esiti della sperimentazione.

I perché dei «tempi lunghi»

Come mai il cammino della «creatura» di ReiThera non è rapido? Taliani non si stupisce: «Dipende dai meccanismi organizzativi e burocratici dell’Italia che sono molto farraginosi, non al passo con i tempi della ricerca. Assistiamo a improvvisi blocchi del progetto, incomprensibili. La maggior parte delle difficoltà derivano dal rilascio dei soldi stanziati. Prima che il denaro sia disponibile passano anche 6 mesi dalla richiesta». La società di Castel Romano ha una «capacità produttiva tale da garantire 5 milioni di dosi al mese», afferma Folgori. Ma la fase tre, quella su vasta scala, che coinvolgerà decine di migliaia di persone nei Paesi dove l’epidemia è diffusa, «non è stata ancora disegnata e verrà concordata con le agenzie regolatorie, l’italiana Aifa e l’europea Ema».

CORRIERE.IT

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