Caro Conte, tra Russia, Haftar e gilet gialli ecco dove avete sbagliato in politica estera

Massimo Giannini

Caro Presidente Conte,

La ringrazio per la Sua lettera e per la Sua attenzione. Capisco le ragioni che la spingono a replicare ai contenuti del mio editoriale. Ma mi corre l’obbligo di replicare a mia volta, per ribadire i fatti che Lei considera «falsità» e che invece, purtroppo, non lo sono. Scrivo «purtroppo» perché le questioni di cui stiamo parlando riguardano non già le baruffe chiozzotte tra i partiti di casa nostra, ma la politica estera del Paese, che è materia delicata ed essenziale a definirne il profilo e a tutelare l’interesse nazionale.

Il primo «fatto» è il severo giudizio di Mohammed bin Zayed, emiro di Abu Dhabi, sulla «sostanziale inutilità» dei due incontri ufficiali avuti con Lei a proposito della Libia e sulla sua ferma volontà di non replicarne altri. Per bollare come «falsità» questo mio resoconto Lei spiega che dopo quei due incontri ha avuto con lo Sceicco «ulteriori colloqui», a conferma dell’«eccellente rapporto personale instaurato». Io non so se dopo il marzo 2019 vi siano state conversazioni telefoniche tra voi: non ce n’è traccia nelle comunicazioni ufficiali di Palazzo Chigi. Ma so per certo e ribadisco quello che ho scritto, e che mi è stato riferito da una fonte primaria e autorevolissima che, sul terreno, ha istruito e segue da sempre il dossier libico-emiratino.

Il secondo «fatto» è il blitz del 17 dicembre 2020 per liberare i 18 pescatori mazaresi sequestrati dai libici. Qui non ci dividono «falsità», come Lei dice, ma semplicemente opinioni. La mia rimane quella che ho scritto: il volo improvvisato a Bengasi e le modalità con le quali è stato organizzato il rilascio dei sequestrati, con tanto di photo-opportunity pretesa da Haftar, restano una pagina opaca della nostra storia diplomatica.

Comprendo il “movente”: dopo aver respinto «altre richieste non accoglibili» (sono parole Sue) quella foto era evidentemente l’unica che ritenne di accogliere per raggiungere il risultato, cioè il rilascio dei pescatori. Fu dunque un gesto di realpolitik. Ma l’evidenza rimane: come ho scritto, fu comunque un episodio imbarazzante.

Detto tutto questo, Caro Presidente Conte, La voglio rassicurare sugli ultimi due punti della Sua lettera. Da parte mia non c’è nessuna intenzione di denigrare chi c’era ieri per lodare chi è arrivato oggi. Lei ha guidato l’Italia in una stagione infausta, soprattutto per la nostra collocazione geopolitica. Sa meglio di me che sulla credibilità del Paese che Lei rappresentava nei consessi internazionali hanno pesato fortemente le sbandate filorusse della Lega e le intemerate filocinesi dei Cinque Stelle.

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