Zingaretti si dimette, ora rischia il patto Pd-M5S: Bonaccini pronto alla scalata

Quel che è certo è che senza Zingaretti e con tutte le correnti in subbuglio per l’alleanza dem-M5S a cui il segretario tiene sommamente – e per blindarsi la sta facendo anche in Regione Lazio – cambierà su questo la linea del partito. «Non possiamo andare a braccetto con un movimento – dicono i più – che con Conte leader è destinato a prosciugarci elettoralmente ed è bastato il solo annuncio della sua leadership nei grillini per toglierci il 6 per cento dei voti nei sondaggi de sbatterci giù al minimo storico del 14 per cento». Guarda caso, infatti, i più disperati dall’addio di Nicola sembrano essere i grillini. Mentre nel suo partito, al di là delle preghiere: «Nicola, ripensaci!», se ne stanno facendo velocemente una ragione. E si aspetta l’avvento di Bonaccini. Il quale scalda i motori. Non sono soltanto gli ex renziani di Base riformista a volerlo. Il presidente emiliano – «Dicono che sono amico di Salvini per il vaccino russo e per la riapertura dei ristoranti? Ma io sono quello che un anno fa, quando Salvini pareva invincibile, lo ha sconfitto in Emilia in una partita che era nazionale!» – da un anno tesse rapporti con tutti dentro il partito per prepararsi a prenderne il comando. Chi prima lo snobbava, ora dice: «Ci si conosce da una vita con Stefano. Farà bene». Lui è pronto a presentarsi alle primarie, che saranno al più presto Covid permettendo. 

GLI APPOGGI

Il sostegno alla sua ascesa sono i pezzi forti del Pd sui territori, quella rete di sindaci che va da Gori e Nardella (duo cruciale) a Decaro presidente dell’Anci e c’è chi scommette sull’appoggio del governatore campano De Luca, per non dire di tutto il mondo ex renziano e renzista a cominciare da Renzi. Basta questo per capire che il Pd post Zingaretti – un segretario che non controllava i territori – sarà un Pd tutto diverso. Con un profilo riformista più accentuato, aperto all’area liberal e del centro innovatore, tutto teso al recupero della vocazione maggioritaria e alla distanza rispetto ai grillini. Ma il profilo nordista di Bonaccini, se toccherà a lui guidare il partito nazionale, andrà mitigato e assai.

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Gli zingarettiani in queste ore ricordano un motto famoso di Togliatti sul Pci, ritenendolo adatto anche al Pd: «Mai un Papa romano e mai un Segretario emiliano». E c’è chi aggiunge: «Bonaccini sarebbe il secondo segretario emiliano. L’altro è stato Bersani, e s’è visto come è andata…». Ma c’è poco da scherzare in casa dem. Sta bruciando tutto. 

IL MESSAGGERO

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