Draghi accentra il piano vaccini: stop al Far west delle Regioni

ilario lombardo

ROMA. Sui numeri Mario Draghi ha poco da dire. Il piano dei vaccini che il presidente del Consiglio sta definendo assieme ai nuovi vertici della Protezione civile prevede di moltiplicare le iniezioni che attualmente galleggiano su cifre troppo basse, ma non offre traguardi numerici precisi. Chi lavora nella trincea organizzativa parla di almeno 300 mila al giorno, ma è più un auspicio che altro. È sul metodo e sulla strategia che invece l’ex banchiere centrale sta concentrando in queste ore la propria attenzione. Puntando su un obbiettivo, tra gli altri: centralizzare maggiormente il piano a Roma ed evitare il far west regionale.

Per farlo però non dovrebbe ritagliare un ruolo di comando a misura di un solo uomo. L’idea di un coordinatore unico sui vaccini richiesto ieri da Antonio Tajani a nome di Forza Italia non trova sponda a Palazzo Chigi. Draghi non vuole replicare il modello del governo Conte che aveva affidato a Domenico Arcuri uno strapotere nella lotta alla pandemia. Tra qualche giorno il commissario, di fatto, uscirà di scena, e potrebbe finire a occuparsi, in veste di amministratore delegato di Invitalia, della logistica amministrativo-contrattuale che riguarda dosi, forniture e contratti firmati. La somministrazione del siero, cioè la campagna vaccinale vera e propria, non dovrebbe più riguardarlo. Da fonti di governo, si fa notare, tra l’altro, che Arcuri in questi giorni è alle prese con l’inchiesta sullo scandalo delle false mascherine, e a breve dovrebbe essere sentito dalla Procura di Roma per una controverifica sulle rivelazioni degli intermediari finiti sotto indagine. I poteri di Arcuri torneranno maggiormente in capo alla Protezione civile che per volontà di Draghi e su suggerimento del neo-sottosegretario con delega ai Servizi, Franco Gabrielli, è tornata a essere guidata da Fabrizio Curcio.

Il premier vuole che gli uomini dell’emergenza, anche dell’esercito che il ministero della Difesa metterà a disposizione, si muovano in una cornice normativa ben definita e alla luce della sentenza della Corte costituzionale di cinque giorni fa. La lotta alla pandemia, hanno stabilito i giudici della Consulta, è competenza dello Stato. Cosa vuol dire? Che in questo lungo anno di battaglia al virus il conflitto tra governo centrale e Regioni non aveva ragione di essere se non per una errata interpretazione del federalismo sanitario.

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