Covid e infortunio sul lavoro: Inail verso il no al risarcimento per chi non si è vaccinato

di Redazione Economia

La privacy

L’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano è oggi componente del consiglio d’amministrazione dell’Inail. Premette di parlare a titolo personale, ma non ha dubbi: «La soluzione migliore — spiega — sarebbe una legge sull’obbligo di vaccinazione, almeno per alcune categorie». Ma questa scelta, presa in considerazione dal precedente governo, è stata scartata per timore che fosse controproducente. «A mio giudizio — dice ancora Damiano — è logico che chi decide di non vaccinarsi e svolge una mansione a rischio poi non possa chiedere il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro. Anzi, dovrebbe essere messo nelle condizioni di non essere un pericolo per sé e per gli altri, evitando il licenziamento, ma svolgendo mansioni che non hanno contatto con il pubblico». Solo che qui la situazione si complica. Come spiega l’avvocato Salvatore Di Pardo, che sta seguendo alcuni casi di questo tipo, il Garante per la privacy ha confermato pochi giorni fa che il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti se si sono vaccinati oppure no. E non può chiederlo nemmeno al medico. I numeri

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Il settore sanitario, però, fa storia a sé. Lo stesso Garante ricorda che, in attesa di una legge che «valuti se porre la vaccinazione come requisito per lo svolgimento di determinate professioni», ci sono regole specifiche per i settori in cui c’è «esposizione diretta agli agenti biologici», come la sanità. Qui solo il «medico competente può trattare i dati relativi alla vaccinazione dei dipendenti e tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica». Un rompicapo che sarà il tema dei prossimi mesi.

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