Progettare e “mettere a terra” cantieri per il Recovery. In 10 mosse

  • Erasmo D’Angelis Segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Italia Centrale

Ma chi pensa ai cantieri del Next Generation Ue? La verità nuda e cruda è che il conto alla rovescia del più imponente e ricco piano di rilancio dal dopoguerra è iniziato da 6 mesi, e al momento siamo già disallineati sulla tabella di marcia della Commissione europea. Dal 16 agosto scorso, infatti, la “Recovery and resilience task force” è il nostro interlocutore su linee guida, regolamenti, obiettivi, pronta al monitoraggio dell’attuazione nelle 6 macro-aree: transizione ecologica (68,9 miliardi), digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (46,1 miliardi), infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,9 miliardi), istruzione e ricerca (28,4 miliardi), inclusione e sociale (27,6 miliardi), salute (19,7 miliardi). 

I complessivi 209 miliardi di euro per mettere l’Italia sulla retta via per rispondere alle due grandi crisi climatica e socio-economica, sono ancora raggiungibili ma il governo Draghi dovrà correre per presentare, tra 8 settimane, la riscrittura del piano finora considerato – nonostante il pressing continuo del commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni -, come una sorta di maxi-legge di bilancio col bancomat dell’Ue e quindi disegnato mettendo anche opere e fondi di qua o di là, scollegati da una visione e condizionati dalla mancanza del nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che riallinei le nostre politiche, affidate al ministro Roberto Cingolani del nuovo Ministero della transizione ecologica, agli obiettivi Ue del taglio del 55% di emissioni killer entro il 2030 e della de-carbonizzazione nel 2050. 

Gli obiettivi sono chiari e, tanto per fare un esempio, non potranno passare l’esame delle linee di finanziamento del NGUE investimenti su fonti fossili o opere come il mitologico ponte sullo Stretto né tantomeno la trovata del tunnel sotto lo Stretto tra i più sismici della Terra. Il NGUE finanzierebbe invece la soluzione del problema numero uno delle città sullo Stretto e cioè la messa in sicurezza antisimica di migliaia di edifici oggi a rischio crollo in quelle terre di grandi terremoti (ma tra i 4 e i 5 milioni di edifici sui 12 milioni complessivi sul territorio nazionale sono a rischio sisma!) con un clamoroso rilancio del lavoro nell’edilizia con efficienza energetica.

Molte opere immaginate sono palesemente fuori piano e quindi fuori budget anche per l’impossibilità di rispettare la tempistica europea che è rigorosa e parecchio impegnativa: entro il 31.7.2023 vanno superate le fasi del progetto e quella dell’assegnazione di gara, ed entro il 31.7.2026 quella del collaudo, pena l’intera restituzione dei fondi impegnati per l’opera. Serve quindi, con urgenza massima, rifare i conti con i nostri talloni di Achille: progettare e “mettere a terra” cantieri. È vergognosa la marea di fondi “incagliati” nella pancia di vari ministeri, qualcosa come circa 120 miliardi appostati su opere e interventi in anni di manovre finanziarie, ma fermi per mancanza di progetti, governance, determinazione politica, comitatismo del No a tutto, incapacità di comunicarne l’utilità. Dice tutto poi l’incredibile numero di 694 progetti anch’essi incagliati da anni alla Commissione VIA del Maatm.

Inutile ripetere che il NGUE richiede supporto di riforme e semplificazioni, riduzione di “tempi morti” con anni sprecati per procedure solo formali, e il recupero di capacità tecnica nella pubblica amministrazione. Ecco le dieci mosse per fare l’impresa. 

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