Giugno a scuola, la scelta giusta

CHIARA SARACENO

È un buon segno che il presidente incaricato Draghi abbia messo tra le questioni urgenti del suo eventuale governo la scuola, o meglio il diritto delle bambine/i e adolescenti a ricevere una istruzione adeguata. Fa parte di questo diritto anche la possibilità di recuperare e integrare ciò che è mancato a causa delle interruzioni e dei disagi dovuti alla pandemia, alla Dad, ma non solo. Riconoscere che il percorso di apprendimento in questi ormai due anni di scuola è stato ed è accidentato, che una parte di studenti ha accumulato ritardi e perdite di apprendimento e spesso anche di motivazione, e che questo ha anche provocato un allargamento delle disuguaglianze preesistenti, non significa negare o svalorizzare quanto è stato fatto in questi mesi, la buona volontà, la dedizione, anche la creatività degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, l’impegno degli studenti, il coinvolgimento dei genitori, il sostegno esterno dell’associazionismo civico. Significa solo che occorre rafforzare e integrare questo lavoro, anche riflettendo su che cosa ha funzionato e che cosa invece è mancato. L’idea di prolungare di qualche settimana il calendario scolastico sembra quasi un’ovvietà. Certo, le situazioni sono diversificate e certamente peggiori in Campania e Puglia, dove le scuole di ogni ordine e grado sono rimaste chiuse a lungo e la didattica a distanza più difficoltosa per una fascia più ampia di alunni che altrove, stante la maggiore incidenza delle condizioni di disagio. Ma sono sicura che tutte le/gli studenti si gioverebbero di una opportunità di consolidamento degli apprendimenti e di rafforzamento nella fiducia in se stessi e nella scuola. Invece, l’unico punto fermo tenuto dalla scuola dall’inizio della pandemia è stato il calendario, che sembra poter essere toccato solo in riduzione (per consentire alle scuole di diventare seggi elettorali, o per far fronte a problemi organizzativi, oltre agli eventuali scioperi di insegnanti o studenti). Mai in ampliamento, anche a fronte della disorganizzazione delle routine che ha investito la vita quotidiana e messo sotto pressione alcune professioni esposte in prima linea, come quelle sanitarie. La reazione negativa immediata dei sindacati (per altro identica a quella che l’estate scorsa ha impedito di fare attività di recupero), era, ahimé, scontata ma francamente inaccettabile. I sindacati hanno invece tutte le ragioni a porre il problema dell’organico, della massa di supplenti che ogni anno gira per le scuole, producendo insicurezza e discontinuità non solo nelle vite dei supplenti stessi, ma degli studenti.

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