Giornata della Memoria sul web. Sono i giovani che ci chiedono di ricordare

di DAVIDE NITROSI

Nella tradizione ebraica la memoria è tutt’uno con il senso della storia umana. Zakhòr, ricorda! Una parola legata al concetto di maschio. L’uomo è colui che ricorda. Ma è un obbligo che trascende l’imperativo, non è un semplice dovere. Perché contiene la consapevolezza che la vera memoria non è ricordare tutto, non è ubriacarsi di immagini fino a precipitare nell’oblio e confondersi. È la memoria necessaria per tramandare e interpretare la storia, per comprendere, se possibile, il legame tra Dio e l’uomo, e il mistero del suo silenzio. È la memoria che permette ai padri di sollecitare nei figli il desiderio di domandare e conoscere, per leggere il mondo con occhi superiori al presente.

Per ricordare il passaggio del Giordano, l’arrivo nella Terra Promessa dopo l’esilio, Giosuè _ chiamato da Dio _ impone ai 12 capi tribù di porre delle pietre sul luogo dove si accamperanno nella notte. Sono le prime pietre d’inciampo. Il segno che servirà per ricordare e far sì che i discendenti facciano domande ai padri. Vent’anni dopo l’istituzione della Giornata della Memoria, che ricorda la liberazione di Auschwitz da parte dei soldati sovietici (il 27 gennaio 1945), possiamo dire che il messaggio di Giosuè è traslato in questo anniversario e lo ha trasformato esattamente nel significato più alto della memoria. Ha sollecitato i figli, i giovani, a farsi domande. Tutti i giovani, non solo gli ebrei.

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