Ora un premier per tirarci fuori dalla palude

Dai vaccini alla scuola, dalle chiusure ai ristori, fino al cuore di ogni possibile futuro, affidato al Recovery Plan, non c’è stato giorno in cui non abbiano fatto premio, sulle certezze, lo stallo e la palude, il rinvio e il compromesso al ribasso. Matteo Renzi, in questo senso, ha avuto il merito o, più asetticamente, la funzione di fare da detonatore dentro una polveriera pronta a esplodere. E solo il politicismo esasperato di quel Pd a trazione romana e ministeriale (leggi alla voci Bettini e Zingaretti o Boccia e Provenzano), lontano dai territori, ha determinato un lungo ed estenuante arroccamento del premier e della maggioranza residua dentro il fortino di Palazzo Chigi. In attesa dell’arrivo dei rinforzi pronti ad avere la meglio sugli assedianti. Ora, però, la fallace illusione dei ‘responsabili’ è caduta. E’ caduta almeno nella versione un po’ misera e non edificante della raccolta dei voti di singoli parlamentari in cambio di incarichi e poltrone. Perché si è compreso, forse, che la somma delle insoddisfazioni non fa una politica. E può essere, allora, che lo stesso Giuseppe Conte esca dalla Fortezza Bastiani nella quale si è rinchiuso.

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