Crisi di governo, Conte pensa a dimissioni e reincarico. Gelo da Pd e centristi

di ETTORE MARIA COLOMBO

Il messaggio che in modo discreto i ministri Franceschini e Guerini, in modo aperto Boccia e un filo più criptico il Nazareno avevano recapitato a Renzi è stato il seguente: “Se Italia viva vota contro Bonafede, in Aula, il governo va sotto: è vero che non abbiamo i numeri, ma metteremo una croce su te e i tuoi. Sarà guerra. Se, invece, porti i tuoi all’astensione e Bonafede, che ha promesso farà concessioni sui temi del garantismo e del processo, a te cari, si salva, allora si può riprendere il filo del dialogo e ridiscutere. Con Conte, però, perché come sapete i 5stelle non reggono altri nomi”.

Renzi si era preso 48 ore di tempo per decidere, ma certo è che l’aria sta cambiando. Un tenue dialogo c’era, tra chi, come Pd e Iv, fino a ieri si tirava i piatti in testa. Anche i gruppi parlamentari democratici, Andrea Marcucci e Graziano Delrio in primis, lavoravano per ricomporre il quadro. Il senatore centrista Pier Ferdinando Casini fiutava l’aria e spiegava il da farsi: “Conte vada al Quirinale a dimettersi e porti la crisi a un confronto politico, per recuperare il dialogo con Renzi”.

Questa è la strada che il premier, sempre più solo ogni giorno che passa, non avrebbe voluto seguire, anche se la voce di un inevitabile atto formale (magari già domani) continuava a circolare. Conte temeva che, alle consultazioni, il suo nome salti e che il Pd, l’M5s ’dimaiano’, Italia viva, FI e forse pure la Lega si accordassero su un governo istituzionale, mandandolo a casa. Avrebbe voluto andare alla conta, morire per Bonafede, ma alla fine sembra sia prevalsa l’ipotesi di una sua salita al Colle, con dimissioni e reincarico per un governo Conte ter. Un governo nel quale soprattutto i centristi avrebbero maggiori e più qualificati spazi.

Prima dello scenario che si è delineato a tarda sera, già il suo reclutatore per eccellenza, Bruno Tabacci, ieri si era arreso, via intervista. “Ma così si lega mani e piedi a Bonafede e rischia di finire sconfitto in Parlamento e nella polvere dopo: il suo nome sarebbe bruciato per ogni re-incarico”, avevano spiegato Pd e Iv.

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