Crisi di governo: a Conte resta l’ultima mossa, le elezioni

di BRUNO VESPA

Muoviamo una per volta le pedine sulla scacchiera. Conte deve trovare una quindicina di senatori per poter far passare nelle commissioni la linea del governo. Le commissioni sono il motore dell’attività legislativa. Se un governo non ha una maggioranza stabile non va da nessuna parte. Ammettiamo che li trovi. Lasciamo da parte il Superiore Interesse del Paese. Uno che passa dall’opposizione alla maggioranza vuole in cambio qualcosa di concreto: un posto di governo e/o soprattutto la garanzia della rielezione. Sono entrambi punti problematici. Con i seggi passati da 930 a 600, il Pd non potrà nemmeno confermare tutti i suoi, figuriamoci se può fare una massiccia campagna acquisti.

Il M5s sta messo molto peggio. Soltanto se Conte facesse un proprio partito accreditato dai sondaggi di almeno il 10-12 per cento potrebbe accogliere i transfughi di oggi (lo farebbe massacrando il Pd, ma questo è un altro discorso). Ma fino a quando il premier continua a smentire questa possibilità, la pistola è scarica. Il secondo punto è trovare posti di governo. Italia Viva ha lasciato due incarichi di ministro e uno di sottosegretario. Non bastano. E allora? Spacchettare i ministeri per moltiplicarli? Ci serve una legge perché col Conte bis siamo arrivati a 21 ministri e 44 tra vice ministri e sottosegretari che è il numero massimo previsto dalla legge. Per andare oltre occorrerebbe un decreto, assai impopolare in questo momento.

C’è un altro problema. E’ possibile fare un rimpasto ampio senza passare per le dimissioni e un reincarico? Sembra di no. Mattarella è muto, ma non cieco. Ci sono limiti invalicabili. Un nuovo governo Conte consentirebbe di sostituire ministri inadeguati (ce ne sono) che mai si dimetterebbero spontaneamente. (Nel 1990 Andreotti sostituì in un nanosecondo i cinque ministri della sinistra Dc che si dimisero per protesta contro la legge che assegnava tre reti a Berlusconi. Ma quelli, appunto, si dimisero. Questi no).

Un nuovo governo darebbe all’esecutivo una maggiore compattezza politica e soprattutto una maggiore autorevolezza.

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