Le due giovani di Como in fuga. La vita negata, i ragazzi sono allo stremo

di DAVIDE RONDONI

Evviva le due ragazzine e la loro innocente rivoluzione. Se ne sono andate in “fuga” dal lockdown perché, hanno scritto, non ce la facciamo piú a non stare coi nostri amici. Quattordici anni, compagne di scuola, famiglie rispettose dei Dpcm e altri strani decreti che però non parlano la lingua della vita vera. Perché a 14 anni se non puoi vedere gli amici che vita è? E allora via, una piccola fuga sognata on the road da un mondo che non piace. In fondo han fatto un gesto di quelli rappresentati da tutto il cinema, la letteratura. Le rivoluzioni amate da quegli adulti della generazione dei loro genitori e nonni che ora invece, sussiegosi, si rivolgono a loro sempre con in bocca la parola “regole”.

Ma le due ragazzine del Comasco hanno dato voce a un disagio potente che i Signori dei Palazzi e spesso quelli dei media non vogliono affrontare. Le due ragazzine come centinaia di migliaia di ragazzi italiani non ne possono più. Non ne possono più di scelte che, prese contro il contagio, stanno andando contro la vita. Non ne possono più di essere considerati degli untori. O dei cretini pericolosi. C’è un allarme che la classe politica e intellettuale del nostro Paese da tempo sottovaluta: i nostri ragazzini.

Eppure oramai è un vera emergenza. Le due ragazzine di Como sono un simbolo. Il loro gesto azzardato (ma avvisando a casa) suscita tenerezza. Ma non possiamo non guardare le proteste in tante scuole e il tremendo allarme lanciato da tanti medici sull’aumento di patologie depressive e su nuove dipendenze da droghe e farmaci. Né tralasciare gli episodi di guerriglia urbana in varie città. Ci sono tante categorie in crisi economica. Ma ce n’è una che oltre alla economica ne pagherà una esistenziale. E invece si parla di loro solo come “scuola”, come se la vita dei ragazzi fosse tra i banchi, dimostrando ancora una volta una visione “scuolacentrica”, statalista e terrificante.

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