Vaccino Covid, i vantaggi di rinviare il richiamo

Il vettore virale

Per i vaccini a vettore virale — come quello di AstraZeneca, Johnson&Johnson e Sputnik — il discorso è diverso, vediamo perché, ma prima cerchiamo di chiarire cos’è il vettore virale: un virus reso innocuo, di solito un Adenovirus, che serve solo per trasportare nelle cellule dell’ospite l’informazione necessaria a formare la proteina «spike». E qui succede un fatto molto interessante, i protocolli originali di AstraZeneca prevedevano una sola dose poi però hanno abbandonato questo approccio, modificato la strategia di produzione e continuato gli studi con due dosi. A questo punto c’erano pazienti che avevano fatto il richiamo a tempi diversi, chi dopo quattro settimane, chi più tardi, chi addirittura a dodici settimane. La sorpresa è arrivata con l’aprire i «codici»: ci si è accorti che più si aspettava per il richiamo, migliore era la risposta immune, proprio come succede per altri vaccini. Forse perché con i vaccini a vettore virale non si formano solo anticorpi contro la proteina «spike» del Coronavirus, ma se ne formano altrettanti e forse anche di più contro l’Adenovirus, così se fai la seconda dose troppo presto avrai molti più anticorpi contro il vettore virale e questo ridurrà l’efficacia del vaccino.

Le strategie

Tutto questo, come potete immaginare, alle autorità regolatorie non basta. Secondo loro finché non ci saranno studi controllati che comparano formalmente un richiamo fatto subito o rimandato di qualche mese, si deve continuare a vaccinare come propone l’industria «perché gli studi sono fatti così». Dal loro punto di vista non fa una piega. E il mio, in questo momento, non vuole essere un invito a cambiare la strategia di approvazione, ma solo uno spunto per riflettere. Spostare il richiamo di qualche mese potrà consentire a più persone di arrivare all’estate, quando probabilmente la diffusione del virus si ridurrà ed avremo forse più dosi. Stephen Evans che è Professore di farmaco-epidemiologia alla London School of Hygiene and Tropical Medicine scrive: «In un mondo ideale le decisioni su come trattare si possono fare soltanto con i paramenti precisi degli studi che sono stati svolti. Nella realtà non è mai così: vaccinare tutti con una dose, forse un pochino meno efficace, è meglio che avere un’efficacia altissima per la metà della popolazione».

CORRIERE.IT

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