Elogio delle pile

Ho avuto una illuminazione. Succede che io vada a far visita alla mia carissima amica Ludovica Ripa di Meana, mia collega all’ “Europeo” di trenta e passa anni fa, autrice di vaglia di ’“Ieri, Goggi e domani”, dove imparai la grammatica della televisione popolare (quella che più mi piace fare), sorella del per me indimenticabile Carlo Ripa di Meana. Sono entrato nell’appartamento al quinto piano di una palazzina al quartiere Fleming dove Ludovica aveva vissuto con Vittorio Sermonti, l’eccezionale interprete e lettore della “Divina Commedia”, per oltre trent’anni e fino alla sua morte, quattro anni fa. Il tempo di metter via il cappotto e subito ho visto che le pareti erano completamente tappezzate di libri. E voglio ben vedere il contrario, quella casa ospita i libri di Ludovica e la biblioteca di un lettore immane quale è stato Vittorio. Ebbene i libri, oltre che tantissimi, erano ordinatissimi per comparti culturali: uno spicchio di una delle librerie era riservato a libri e dizionari latino/italiani di cui Sermonti si era avvalso quando aveva tradotto in italiano “Le Metamorfosi” di Ovidio, di cui conservo nella mia biblioteca la copia con dedica. E siccome ho un occhio addestrato nel soppesare le biblioteche private, mi ci sono voluti trenta secondi per capire che in quelle librerie a muro il posto per il libriccino che avevo portato in regalo a Ludovica non c’era affatto. Non c’era, punto e basta, e difatti il libriccino l’ho deposto su un tavolo, pace all’anima sua.

Solo che a guardare meglio mi sono accorto che in quella casa zeppa di libri Ludovica e Vittorio avevano fatto un passo in più ad organizzarli. C’era che ai piedi delle librerie da parete erano state disposte per terra, affiancate e ordinatissime, quattro o cinque pile di libri. Ecco, le pile, ossia l’entità che sino a quell’istante io avevo odiato e temuto tutta la mia vita. Tutte le stanze della mia vita – quelle della casa di mia madre a Catania, quelle della casa romana in cui ho vissuto i trent’anni decisivi del mio essere al mondo, quella della casa romana dedicata a Ico Parisi e Gaetano Pesce in cui vivo oggi – rifuggivano dalle pile di libri. Era un rifiuto filosofico, “metafisico” a dirla col Roberto Calasso del suo recente libro dedicato al come ordinare una biblioteca. Pile di libri per terra? No, no e poi no. È un ludibrio, è un sacrilegio mettere dei libri per terra, mi sono detto per 50 o 60 anni della mia vita e sino a ieri pomeriggio. E questo malgrado a casa mia e più precisamente in quella che è la “stanza dei libri” per eccellenza delle sette stanze adibite alla custodia della mia biblioteca, le pile si siano formate in questi ultimi due anni, pile disordinate e da me odiate. Le giudicavo come dei bubboni sulla pelle di un corpo, niente di meno che questo. Solo che anche le pareti di casa non ce la fanno più, o meglio ci sono alcuni comparti della mia biblioteca che non ce la fanno più.

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