I veti sul Recovery / La vera sfida di conciliare democrazia e mercato

VITTORIO EMANUELE PARSI

Due Europe, due sponde dell’Atlantico e sempre una sola Cina. Quanto emerso dall’agenda internazionale di questi giorni offre una mirabile sintesi delle questioni aperte, che la pandemia attraversa e intreccia tra loro. Nello stesso giorno in cui Emmanuel Macron rilasciava un’importante intervista che rilanciava la sua idea di Europa – una visione forte, elevata, ambiziosa – i governi reazionari di Polonia e Ungheria si mettevano di traverso all’approvazione del bilancio dell’Unione Europea, rivendicando la pretesa di poter trarre i benefici della membership europea a prescindere dalla corretta e piena adesione ai principi dello Stato di diritto. 


Dall’approvazione di quel bilancio dipende anche la “tempestività” (residua) con la quale i fondi di Next Generation Europe saranno disponibili per tutti gli Stati membri. Fondi di cui l’Italia ha un disperato bisogno e che sono altrettanto necessari ad ungheresi e polacchi, presi in ostaggio tanto quanto gli italiani o gli spagnoli da Kaczynski e Orban. Alla fine la cosa si risolverà, ma nel frattempo avremo perso tempo, posti di lavoro e vite umane anche grazie al cinismo di questi due controversi leader centroeuropei. Neutralizzate le opposizioni interne occorreva mettersi al riparo dalla possibile influenza dell’Unione, nel nome della “sovranità” nazionale, utilizzata come usbergo della propria bulimia di potere.


Il paradosso è che se le attuali Ungheria e Polonia presentassero domanda di ammissione all’Unione se la vedrebbero semplicemente respingere al mittente. Questa assurdità va sciolta innanzitutto politicamente ma poi andrà affrontata istituzionalmente. Il bluff di Varsavia e Budapest va “visto”. Altrimenti l’Unione Europea di cui parla Macron non prenderà mai forma. Non è più possibile andare avanti con due idee di Europa così distinte e incompatibili.

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