La politica si scontra, ma ecco perché adesso è molto difficile prendere i 36 miliardi del Mes

di Roberto Petrini

E’ il fattore tempo che ha tolto di mezzo la patata bollente del Mes o, per meglio dire, lo “sportello sanitario” anti-Covid del fondo salva Stati. Da maggio di quest’anno, cioè da quando la banca figlia di un accordo intergovernativo europeo e con sede a Lussemburgo ha attivato i suoi prestiti, i soldi sono stati di pronta cassa e i vantaggi illustrati con evidenza. Riassumendo: tassi bassi, vicini allo zero, procedure semplici in due-tre settimane, come disse il direttore generale dello European Stability Mechanism, l’italiano Nicola Giammarioli. Soprattutto dopo un furioso correre di interrogativi e dubbi, la certezza che non c’erano altre condizionalità all’erogazione dei 36 miliardi cui avremmo potuto accedere se non quelle di utilizzare le risorse per la sanità.

Tra favorevoli e contrari si è traccheggiato per quasi tutto l’anno. I due protagonisti veri della vicenda, in grado di condizionarne lo sviluppo erano Gualtieri e Conte: il ministro dell’Economia negoziò l’accordo ed è sempre stato favorevole, mentre il presidente del Consiglio nel marzo di quest’anno lanciò l’idea con un articolo sul Financial Times di utilizzare il fondo salva stati contro la pandemia. Dunque nessun pregiudizio sul ponte di comando, invece il no più radicato è sempre venuto dai Cinque stelle, azionisti di peso del governo.

Negli ultimi giorni tuttavia è successo qualcosa che ha cambiato definitivamente le carte in tavola e ha costretto Conte e Gualtieri ad ammettere di fronte all’opinione pubblica che, arrivati a questo punto, loro malgrado, il Mes non si può più fare. Il motivo è che nel frattempo il Parlamento ha votato vari documenti che bloccano il quadro di bilancio del prossimo anno. Si tratta della Nadef (nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza), del Documento di programmazione di Bilancio (sintesi della “Finanziaria” che va a Bruxelles) e della vera e propria legge di Bilancio (nella formula del “salvo intese”). In tutti questi documenti non sono stati considerati fondi del Mes, confermando che il quadro di bilancio del prossimo anno è stato costruito solo attraverso il ricorso all’emissione di titoli e al Recovery fund. Ecco il primo ostacolo, politico e istituzionale: attivare oggi il Mes significherebbe riaprire il percorso della sessione parlamentare di bilancio con esiti almeno incerti e votazioni al buio. Né l’Europa né i mercati apprezzerebbero un testacoda di questo genere.

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