Il sociologo De Kerckhove: “Troppo Covid sui media, si alimenta il panico”

Gli italiani sono molto sensibili a questo aspetto. Inoltre siete tra i popoli più espansivi e il morbo, che si trasmette stando vicino ad altre persone infette, pesa direttamente sulle vostre abitudini. È una minaccia alla vita quotidiana e i media ne parlano”.

Negli altri Paesi, il Covid viene spesso relegato con un richiamo in prima pagina o, nel caso dei tabloid inglesi, non appare nemmeno in copertina. Come mai?

“Non è per una mancanza di interesse. In Francia hanno sentito prima di altri che non si poteva parlare solo di Coronavirus. In Inghilterra, invece, sono furiosi per il motivo opposto: ritengono che Johnson non abbai gestito bene la pandemia, ma il mondo va comunque avanti”.

In America invece i grandi giornali si occupano molto spesso del virus.

“È una questione politica. I quotidiani più prestigiosi sono tutti contro Trump, mentre i giornali popolari sostengono il presidente e ignorano volutamente l’argomento. Inoltre i grandi quotidiani hanno una reputazione da mantenere e non possono snobbare il tema”.

Con quasi tutti i i giornalisti impegnati a occuparsi del Coronavirus, non si rischia che altri argomenti importanti per la collettività, come mafia o terrorismo, vengano trascurati?

“Il Coronavirus si vende, la criminalità organizzata, a meno che non ci sia un evento eclatante, molto meno”.

Quasi tutti i quotidiani, dopo un’impennata di vendite quando è esplosa l’epidemia, sono tornati a perdere copie. Non è un segnale che il lettore forse vuole altro?

“Può darsi, anche se c’è da dire che il lockdown ha impresso una forte accelerata al processo di digitalizzazione. Molte persone che non potevano o non volevano più uscire per comprare il giornale, soprattutto tra gli anziani, hanno imparato a usare il web”.

QN.NET

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