“Mi chiamo Francesco Totti” è come il ‘ Ben Hur’ del Capitano

Teresa Marchesi Journalist and filmmaker

Una foto di scena del documentario 'Mi chiamo Francesco Totti' di Alex Infascelli, passato oggi alla...

Il Capitano ha il suo “Ben Hur”: il paragone con l’epica kolossal è appropriato per “Mi chiamo Francesco Totti”, documentario oversize scritto, diretto, montato e musicato persino – in minima parte – da Alex Infascelli in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Cancellato l’incontro col Capitano, che ha perso il padre in questi giorni, resta il film. Basta e avanza.

“E pensare che la prima parola che ho detto è stata: palla”. Comincia così, con Totti che ripercorre alla moviola una vita da romano qualunque consegnata alla mitologia del calcio e non solo, attraverso i filmini amatoriali di casa, sprazzi di fiction sulle sue elementari al ‘Manzoni’ (perfettamente mimetizzati), incursioni sorrentiniane sulla Grande Bellezza di Roma, e la sterminata miniera dell’Archivio A.S.Roma. È un percorso che emoziona anche chi non mastica calcio, stadi e partite. Forse perché il “Pupone” comunica senza diaframmi semplicità, sincerità, umana simpatia.

La traccia è il libro “Un Capitano”, scritto da Totti con Paolo Condò (ed. Rizzoli), ma il cinema non è pagina scritta. È la vigilia dell’addio, felpa e cappuccio nel cuore dell’Olimpico buio: “Domani è l’ultima volta che tocco la palla da professionista. Mi chiamo Francesco Totti. E sono il capitano della Roma”. 

È un viaggio nel tempo, tutto in prima persona. Passa per istinto e passione precoci, per le domeniche in curva da ragazzino- entrata alle 9 per aspettare le 15 giocando a carte- per il mito Giannini, che a sorpresa si presentò a festeggiare i suoi 18 anni già in squadra, per l’arresto di Ciarrapico e il salvataggio della squadra da parte di Franco Sensi. 

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