Attentato a Parigi. “Basta sottomissione all’Islam, leggi più dure”

di GIOVANNI SERAFINI

Il suo ultimo libro, L’Islam radicale in Francia, evoca lo spettro della ‘sottomissione’, di una società presa in ostaggio e obbligata a capitolare. «Bisogna cambiare le regole. Rendere più severe le sanzioni, certo. Ma anche avviare un dibattito di fondo sulla dottrina islamica e i motivi della sua espansione nei territori perduti della Repubblica. Bisogna smontare pezzo per pezzo la mitologia dell’Islam e far conoscere alle popolazioni musulmane altre religioni, altre spiritualità, di cui non hanno la minima idea”. Alain Rodier, ex dirigente dei Servizi segreti francesi, direttore del Centro CF2R che si occupa di terrorismo islamico e criminalità organizzata, è convinto che sia venuto il momento di cambiare le regole. 

Un attentato all’arma bianca davanti alla ex sede di Charlie Hébdo. Si ricomincia?
“Difficile dirlo. Non sembra un lavoro da professionisti se si fa un confronto con l’attentato di 5 anni fa. Quello fu un attacco preparato all’estero, i killer si servirono di armi potenti e contro obiettivi. L’attentato di oggi (ieri per chi legge, ndr) sembra opera di dilettanti”.

Due terroristi improvvisati?
“Improvvisati no, visto che hanno agito proprio nel momento in cui si celebra il processo contro gli assassini di Charlie Hébdo”.

Allora diciamo maldestri: non sapevano nemmeno che il giornale ha cambiato sede.
“Guardi che il nuovo indirizzo di Charlie Hébdo è top secret. I redattori vivono come in un bunker, protetti dalla polizia, quasi senza contatti con il mondo esterno. Ma un attacco in questo momento era nell’aria, visto che giravano da tempo appelli di Al Qaida contro la Francia in occasione del processo. È chiaro che abbiamo a che fare con fanatici influenzati dalla campagna di odio lanciata da Ayman Al-Zawahiri”.

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