“Il tempo dell’antipolitica è finito”. Intervista a Giuseppe Provenzano

Ministro Provenzano, mi pare che le vostre richieste di svolta, dai decreti sicurezza al Mes, non abbiano sortito effetto sul Presidente del Consiglio, o sbaglio? “Sul Mes vedremo”, “sui decreti sicurezza approfondiremo”: nella sua intervista alla Stampa, Conte ha riproposto la filosofia del rinvio.

De Angelis, vedo che già vuole litigare. Un conto sono le interviste, un altro i processi politici. E a noi interessano questi. Le nostre battaglie, anche nel Governo, hanno sortito effetti in Europa, proprio sulle questioni che lei solleva. Non un fatto trascurabile, direi. Il Mes da braccio della troika diventa strumento di una politica keynesiana per il bene comune della salute. La revisione di Dublino rende non solo sbagliata, ma del tutto anacronistica la legislazione italiana sull’immigrazione. L’Italia ora è lì, sulla frontiera più avanzata dell’Europa, e non può restare indietro.

Mi limito a constatare che questa svolta si ferma ai confini nazionali. La domanda è questa: voi avete chiesto, anche sulla scia della spinta elettorale, in modo sacrosanto, una nuova agenda. Che farete se nulla cambia? Ponete scadenze o condizioni a questa interminabile discussione?

Ma è già cambiato. Sulla modifica ai decreti Salvini c’è un accordo, e va portato in Cdm al più presto. Lo chiedevamo prima del voto, ora non ci sono più alibi. Aggiungo, sul punto, che dopo quello che sembra configurarsi come lo scandalo del caso Suarez, sarebbe il caso di accompagnarli con lo Ius culturae. Penso ai compagni dei nostri figli a scuola, e mi indigno anch’io. Gli italiani, peraltro, sul punto sono più avanti della politica. Abbiamo temporeggiato troppo, ora è tempo del coraggio.

“Tempi brevi” e “basta alibi”, dice lei. Vale lo stesso sul Mes? 

Certo, però non è il gioco delle bandierine. Sono anche i tempi non proprio brevi del Recovery che ci portano a guardare a quella linea di credito sanitario del Mes senza ideologie, anche perché è immediatamente disponibile. Non serviva il voto, bastava il buon senso. Ma le do una notizia, che vedo ogni tanto vi sfugge: servono anche i voti in Parlamento.

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