L’Italia ce la fa? No, non ce la fa. Ma gli italiani sì

di MICHELE BRAMBILLA

In Italia il rischio di ammalarsi di Covid-19 è «basso», secondo la Ecdc, che è l’agenzia dell’Unione Europea per la prevenzione e il controllo delle malattie. L’Europa ci colloca, all’interno del continente, fra i Paesi virtuosi, alla pari di altri undici, fra i quali c’è la Germania, ma mancano ad esempio Gran Bretagna, Francia, Spagna e quell’Austria che non perde occasione per trattarci come untori cui non far varcare il confine del Brennero.
La promozione europea ci conferma in quanto già avevamo capito: in questa storia del Covid, facendo i dovuti scongiuri, possiamo dire che ce la siamo cavata molto meglio di tanti altri Paesi che siamo soliti indicare come modelli inarrivabili.

Prendiamo gli Stati Uniti, ad esempio. Provinciali come siamo, pensiamo sempre che tutto ciò che viene dall’America sia fenomenale: dai tempi di Alberto Sordi nei panni di Nando Mericoni “auanagana” e “orrait”. Bene, abbiamo visto come hanno affrontato il virus negli Usa: con i cadaveri nelle strade nei sacchi della spazzatura, le cure vietate a chi non può esibire la carta di credito al pronto soccorso e un lockdown peggiore del nostro.

Quanto alla Gran Bretagna, il suo premier il virus l’ha affrontato facendo lo sbruffone. Ha detto che conveniva che s’infettasse l’intera popolazione per raggiungere l’immunità di gregge, e comunque dov’è il problema, prima o poi dobbiamo morire tutti. Salvo poco dopo ammalarsi, finire in rianimazione e ordinare la serrata generale. Ora Londra, che aveva provato a riaprire, torna a chiudersi.

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