Siglati gli accordi di Abramo di Israele con il Bahrein e gli Emirati. Trump: «Altri Stati seguiranno»

di Davide Frattini

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME Dei settecento ospiti l’unico a restare a casa è quello che avrebbe dovuto essere invitato. Il premier Benjamin Netanyahu è volato a Washington con tutta la famiglia, i consiglieri, il capo del Mossad. Non si è portato dietro Gaby Ashkenazi, il ministro degli Esteri, avversario di campagna elettorale diventato alleato di coalizione. È lui — stabilisce una norma israeliana del 1951 — a dover firmare i trattati con altre nazioni. Così l’ex capo di Stato Maggiore ha studiato nella notte il documento e ha concesso il permesso a Netanyahu (in termini tecnici una procura legale) prima della cerimonia. In cambio ha ottenuto la conferma che l’intesa non avrà valore fino a quando non sarà approvata dal governo al completo e dal Parlamento.

Sull’erba del South Lawn alla Casa Bianca, lo stesso sfondo di colonne bianche della firma degli accordi di Oslo il 13 settembre del 1993, in pochi indossano la mascherina, i più ligi sono gli israeliani, da dopodomani il Paese deve sottoporsi alla seconda quarantena totale per rallentare l’epidemia. Donald Trump ha voluto dare a questo patto tra lo Stato ebraico, gli Emirati Arabi e il Bahrein un nome biblico: gli accordi di Abramo sono i primi dal 1994, dalla stretta di mano con la Giordania.

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