Pd e M5s divisi, solo il premier si rafforza

di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Il presidente del consiglio Giuseppe Conte assume l’iniziativa e sul tema migranti decide di fare il Salvini alcuni giorni dopo che Salvini è finito sotto processo per aver a suo tempo fatto quello che ora Conte chiede («non tollereremo che si entri in Italia, saremo durissimi»), marcando così uno spazio di agibilità politica propria che la balcanizzazione dei Cinquestelle e i balbettii del Pd stavano pericolosamente sfilacciando. I soldi dell’Europa arriveranno, ma potranno essere impiegati solo se il governo ritroverà un minimo di compattezza per presentare progetti di spesa coerenti e passabili sotto le forche caudine dei rigidi controllori europei

Conte ha spiegato che “sui migranti occorre essere duri e inflessibili”, e così facendo ha cercato di riportare un po’ d’ordine all’interno delle correnti Cinquestelle ma soprattutto di mettere all’angolo un Pd che nell’immigrazione vive il caleidoscopio delle proprie contraddizioni: salgono sulle navi, vanno in soccorso di tutte le Carole che passano, votano contro Salvini ma quando si tratta di elaborare una strategia compiuta non ci riescono. Su uno dei temi che dovrebbero essere fondanti della propria azione politica, diciamo identitari, i democratici del dopo-Minniti non entrano in sintonia con il Paese o anche solo con la Realtà, e restano prigionieri di una sorta di “vorrei ma non posso” che ne evidenzia il vuoto.

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