Recovery Fund, accordo firmato al vertice Ue. Conte: “Tutelata la dignità dell’Italia”

“Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie”, dice il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo. E aggiunge: “Il governo italiano è forte: la verità è che l’approvazione di questo piano rafforza l’azione del governo italiano. Ora avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre“.

E a domanda risponde: “La mia posizione non è  mai cambiata. Il Mes non è il nostro obiettivo. L’obiettivo è valutare il quadro di finanza pubblica e utilizzare tutti i piani che sono nell’interesse dell’Italia. Il piano che oggi approviamo ha assoluta priorità. Ci sono prestiti molto vantaggiosi”.

Il premier annuncia: “Partirà presto task force sul Piano di rilancio”, ma, aggiunge “avremo il quadro chiaro dopo il confronto con le opposizioni”. E conclude: “Permettetemi di ringraziare tutti gli italiani: in questi giorni sono stato molto impegnato, non ho avuto il tempo di seguire il dibattito interno ma ho avvertito forte il sostegno di tutta la comunità nazionale: sono orgoglioso di questo risultato, orgoglioso di essere italiano“.

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Anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha espresso a Conte, durante un incontro avuto con il premier in mattinata, apprezzamento e soddisfazione per l’importante esito del Consiglio Europeo, che rafforza il ruolo dell’Unione e contribuisce alla creazione di condizioni proficue perché l’Italia possa predisporre rapidamente un concreto ed efficace programma di interventi.

“È un giorno storico per l’Europa”, commenta il presidente francese, EmmanuelMacron. “L’Europa ha dimostrato di essere in grado di aprire nuovi orizzonti in una situazione così speciale”,  dichiara la cancelliera tedesca Angela Merkel nella conferenza stampa congiunta con Macron.

“Un pacchetto senza precedenti – ricorda la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen– Il Recovery and Resilience Facility è stabilito in una maniera molto chiara: è volontario, ma chi vi accede deve allinearsi con il Semestre europeo e le raccomandazioni ai Paesi”. “Finora dipendeva solo dai Paesi rispettarle o meno – aggiunge – ma ora le raccomandazioni sono legate a sussidi e potenziali prestiti”.

Il voto avrà ripercussioni in Olanda, dove il premier Rutte, fautore della linea dura, già riceve l’attacco dell’euroscettico Geert Wilders: “390 miliardi di euro regalati all’Europa meridionale”, ha tuonato Wilders su Twitter. “Follia!”, ha aggiunto, “buttati via miliardi che avremmo dovuto spendere nel nostro Paese”.

 Ieri sera dopo un’altra infinita giornata di bilaterali e rinvii del decisivo incontro a ventisette, Charles Michel ha radunato i capi di Stato e di governo e insieme alla cena ha servito la nuova bozza di accordo, attesa da 48 ore. La proposta salva i 750 miliardi del Recovery, anche se dei 500 miliardi a fondo perso 110 si trasformano in prestiti su spinta dei “frugali”, che ottengono anche un aumento dei loro rebates, gli sconti ai versamenti al Bilancio comune 2021-2027. L’equilibrio finale del Recovery è dunque di 390 miliardi di sovvenzioni da non rimborsare e 360 miliardi di prestiti.

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Al nostro Paese 209 miliardi

Grazie a uno spostamento delle poste all’interno del “Next Generation Eu“, l’Italia limita i danni e perde 3,8 miliardi di aiuti diretti, con l’asticella a 81,4. Guadagna invece 38 miliardi di prestiti, nella nuova versione pari a 127 miliardi. Sommando le due voci, dei 750 miliardi europei 209 andrebbero al nostro Paese, confermato primo beneficiario del Fondo davanti alla Spagna. I soldi degli Eurobond inizieranno ad arrivare nel secondo trimestre del 2021, ma all’ultimo i leader hanno deciso che potranno essere usati retroattivamente anche per coprire le misure prese dal febbraio 2020, purché compatibili con gli obiettivi del Recovery.

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Italia sorvegliato speciale

L’Italia però sarà sorvegliata speciale sull’uso dei finanziamenti. Nella prima proposta di Ursula von der Leyen, sarebbe stata la Commissione europea a decidere sui fondi, lasciando ai governi un ruolo marginale. Soluzione contrastata sin da inizio lavori da Mark Rutte, intenzionato ad avere un diritto di veto per costringere Roma anche alle riforme più impopolari in cambio dei fondi. Di fronte alla pressione olandese, dopo giorni di scontri con Conte, che resteranno nella memoria collettiva del vertice, prima di mezzanotte si è registrato un nuovo, ultimo, duello tra i due che ha costretto Michel a interrompere di nuovo la seduta plenaria che avrebbe dovuto approvare il testo finale. Conte e Rutte sono stati scortati in una stanza separata da Merkel e Macron e si è arrivati all’intesa.

La procedura

La soluzione prevede che quando (il prossimo autunno) un governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base al tasso di rispetto di politiche verdi, digitali e delle raccomandazioni Ue 2019-2020: per l’Italia riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità. Su richiesta di Rutte, contrastata invano da Conte, il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata: un gruppo di Paesi che rappresenta il 35% della popolazione potrebbe bloccarlo, anche se i “piccoli” nordici per riuscirci dovrebbero trovare l’appoggio di un partner medio-grande.

Rutte è inoltre riuscito a imporre un “Super freno d’emergenza” per i successivi esborsi dei soldi, condizionati alla verifica degli obiettivi intermedi del Piano di riforme nazionale. Significa che le singole decisioni sui pagamenti della Commissione dovranno essere confermate dagli sherpa dei ministeri delle Finanze della zona euro (Efc) “per consenso”: qualcosa meno di un diritto di veto.

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Inoltre – e su questo si è litigato – “se uno o più governi” dovessero vedere “serie deviazioni dai target”, potranno chiedere che la situazione di un singolo Paese venga discussa dai leader al successivo Consiglio europeo, con la Commissione che dovrà bloccare i pagamenti. I leader dovranno risolvere la faccenda “in modo decisivo”, compariva nell’ultima bozza di Michel. Una formulazione volutamente ambigua del processo politico sulle riforme che avrebbe dato modo a Rutte di interpretarlo come un veto mascherato e a Conte come una semplice discussione. Il premier italiano però nella notte ha contrastato questa formula, giudicata pericolosa per il futuro, fino al litigio con l’olandese.

Così nell’ultima riunione separata terminata all’una di notte, Conte – assistito sempre dal ministro Amendola, dal consigliere diplomatico Piero Benassi, dal rappresentante permanente presso la Ue Maurizio Massari e, collegato dal Tesoro, da Roberto Gualtieri – sotto gli occhi Merkel e Macron è riuscito a far scrivere che i leader dovranno affrontare il nodo riforme “in modo esaustivo”, allontanando lo spettro dell’unanimità. Tutto il processo potrà durare al massimo tre mesi, al termine dei quali sarà comunque la Commissione ad avere l’ultima parola sui fondi, scartando la richiesta olandese di lasciare la decisione finale ai governi.

La procedura potrebbe quanto meno rallentare l’arrivo dei soldi ed esporre il governo a condizionamenti politici delle altre capitali sulle riforme. Una soluzione in fondo gradita anche a Merkel e Macron, che hanno contrastato la richiesta di veto olandese, giudicata illegale, ma contenti di controllare che l’Italia non sprechi i fondi. La coppia franco-tedesca ha invece difeso Conte dal taglio dei soldi, con gli stessi nordici che hanno lottato contro i sussidi per ragioni mediatiche e politiche interne ai loro Paesi, ma non hanno mai cercato di intaccare l’assegno per l’Italia. Anzi, hanno sempre pensato che Roma e Madrid dovessero essere salvate, alle loro condizioni, e hanno puntato a sfilare soldi ad altri Paesi, come la Polonia, per via dello scarso impatto del virus e del mancato rispetto dei diritti fondamentali.

Durante la cena dei leader è stato infine superato anche lo scontro proprio tra Macron e Rutte, convinti di vincolare i fondi al rispetto dello stato di diritto, e Orbàn e Morawiecki: alla fine il principio è stato introdotto, ma in modo meno spigoloso di quanto avrebbero voluto Parigi e le capitali nordiche, i cui parlamenti sono molto sensibili ai diritti. Il resto della notte è volata nella limatura dei dettagli. Alle 5.15 Michel ha convocato l’ultima seduta plenaria.  Alle 5,31 del mattino lo storico annuncio.

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