Conte imbiancato: il potere logora chi ce l’ha

Così come il prototipo del nuovo che avanza era Matteo Renzi, quando rottamò la vecchia classe dirigente ed entrò a palazzo Chigi come il più giovane presidente del Consiglio della storia, più ancora del Duce, anche se di pochi giorni. Ma il potere e il successo presentano prima o poi il conto e il giovane Matteo sembrò invecchiare di colpo nei giorni in cui si giocava il suo futuro, quelli del referendum. Aveva scommesso tutto su quella mossa e quando capì che le cose potevano andargli storte, come poi in effetti andarono, si incanutì di colpo.

Il potere e il successo portano preoccupazioni e dolori che lasciano il segno nello spirito: e da lì, inevitabilmente, nel corpo, perché siamo una cosa sola. Francesco Cossiga era ministro dell’Interno quando rapirono Aldo Moro e il non essere riuscito a salvarlo lo condusse rapidissimamente nella Terza Età. La pelle cominciò a riempirsi di macchie e perfino di piaghe: e i medici non seppero trovare altra spiegazione che quella di un’origine psicosomatica. Cossiga era un uomo simpaticissimo e tormentato. Lo conobbi nel gennaio del 2000, andando a casa sua, a Trastevere, per un’intervista. Avevo l’appuntamento alle quattro del pomeriggio e, per non fare la figura di chi arriva in ritardo, mi presentai con qualche minuto di anticipo. Cossiga, che in quella fascia oraria cascasse il mondo faceva la pennica, mi si parò davanti con un certo fastidio dicendomi: “Caro Brambilla c’è una cosa peggiore dell’arrivare in ritardo. È arrivare in anticipo”. Parlammo per un paio d’ore in un soggiorno surreale, dove incombevano non dieci, non cento, ma forse duecento fotografie di Aldo Moro. Cossiga, quel trauma, non l’ha mai superato.

Ricordo anche due miei direttori che s’imbiancarono di colpo nei giorni dei sequestri di due loro inviati (uno finito malissimo). Ma basta che ognuno si guardi allo specchio nei giorni del dolore per vedere quanto si cambia. Alberto Sordi, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, ci ha lasciato un’immagine magistrale di come si può invecchiare in pochi giorni: quella del borghese piccolo piccolo, la cui vita è distrutta dalla morte drammatica di un figlio. Non c’entra con il potere e con il successo, ma c’entra con il dolore. “Presto invecchiano gli uomini nelle disavventure”, dice Omero.

La verità è che invecchiamo tutti male, ma qualcuno invecchia peggio.

QN.NET

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