Di Maio, il desiderio di un partito dei moderati e «l’amico» Renzi (più che Di Battista)

Ecco, l’ambizione pseudo-degasperiana da terzo millennio è quella che l’ha portato, negli ultimi giorni, a mescolare nel frullatore basso profilo, senso di mediazione, europeismo, attitudine al compromesso. Sulla revoca alla concessione autostradale per la società della famiglia Benetton, tra i suoi, è quello che ha urlato di meno; sul Mes, tra le quattro mura di Palazzo Chigi, è quello che si è fatto sentire di più (a favore, sia chiaro, anche se la tattica lo tiene lontano dal sì definitivo), lasciandosi sfuggire — si fa per dire — col Foglio che «è stato Conte a dire che il Mes non serve». La soluzione? «Sì alla revoca di Autostrade e sì al Mes», è la traccia che avrebbe lasciato nei colloqui privati delle ultime ore. Contenti i M5S, contento il Pd, i tormenti del generale agosto superati senza troppi traumi. Dell’antico legame di amicizia con Salvini non rimane praticamente nulla. Negli ultimi tempi, cosciente del legame privilegiato che il Partito democratico ha stretto con il suo nemico-amico Giuseppe Conte, Di Maio preferisce interlocuzioni moderate, come le sue ambizioni politiche del futuro prossimo. Parla di continuo con Matteo Renzi, con cui si è instaurato un rapporto di simpatia reciproca cementato sull’accordo in vista di una legge elettorale proporzionale. E sente spesso, per analoghi motivi, anche Gianni Letta, che recentemente ne avrebbe tessuto le lodi in presenza di Silvio Berlusconi. «Mi sa che su Di Maio ci eravamo sbagliati. Quel ragazzo è davvero in gamba», ha detto l’ex premier in presenza di alcuni forzisti, tutt’altro che convinti dell’argomentazione del Capo. Certo, trasformarsi nel protagonista di un gioco che lo vede al centro di triangolazioni con tanto di ex presidenti del Consiglio, per lui che è appena trentaquattrenne e a Palazzo Chigi ha fatto al massimo il vice (per giunta insieme a Salvini), non deve essere semplice. Ma Di Maio, dicono i suoi amici, ha il pregio di saper selezionare molto bene le persone con cui confrontarsi e a cui chiedere consigli. Tra questi, il primo nome è senz’altro quello di Ugo Zampetti, conosciuto all’epoca in cui uno era vicepresidente della Camera e l’altro segretario generale di Montecitorio. Oggi che il primo è alla Farnesina e secondo di stanza al Quirinale, tra l’altro, i contatti sono forse ancora più costanti.

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