Il ruolo dei magistrati e le insidie della politica

di Ernesto Galli della Loggia

Per l’ennesima volta — questa volta a causa delle recenti, controverse rivelazioni sulla sentenza che a suo tempo condannò Silvio Berlusconi per frode fiscale determinandone l’espulsione dal Parlamento — per l’ennesima volta, dicevo, è in discussione l’indipendenza dei magistrati. Naturalmente quando si parla d’indipendenza si parla essenzialmente d’indipendenza dalla politica, dai veri e propri condizionamenti diretti o dalle suggestioni che la politica, in modo particolare l’esecutivo, può esercitare per influenzare le pronunce dei magistrati. E si sa che proprio a difesa di tale indipendenza la Costituzione ha posto due argini invalicabili: da un lato l’impossibilità per la politica di determinare la carriera dei magistrati (che infatti dipende per intero dal Consiglio superiore della magistratura), e dall’altro l’obbligatorietà dell’azione penale per il pubblico ministero, che quindi, a differenza di quanto avveniva un tempo, per questo aspetto decisivo dell’amministrazione della giustizia non ha alcun rapporto di dipendenza dal ministro, cioè dalla sfera politica.

Della piena efficacia di tali argini i magistrati si sono sempre detti soddisfatti giudicandoli sufficienti — insieme alle cospicue retribuzioni di cui godono: le più alte della Pubblica amministrazione — a garantire la loro indipendenza.

Curiosamente invece nessuno di loro, almeno che io ricordi, così come la loro associazione, ha mai sollevato il problema che l’indipendenza della magistratura può conoscere, in realtà, anche una diversa e certamente non minore insidia rispetto a quelle menzionate. E cioè l’insidia rappresentata delle offerte di benefici, cariche, incarichi, con cui direttamente o indirettamente la politica può allettare o ricompensare i magistrati. Offerte di cui è ovvia la capacità condizionatrice: infatti, se io so che agendo in un certo modo potrò risultare gradito a chi ha molti modi per poi compensarmi, ad esempio offrendomi questo o quell’incarico, ciò rappresenta sicuramente una potenziale ma effettiva insidia alla mia indipendenza. Che per attuarsi ha bisogno in questo caso del mio accordo, è vero, ma ciò non significa nulla: l’indipendenza dei magistrati è un bene posto a garanzia della collettività, non è un privilegio del singolo magistrato. Curiosamente, comunque, una tale minaccia sospesa sull’indipendenza della magistratura non è mai stata oggetto di alcuna denuncia da parte della stessa.

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