Il silenzio Pd sulle manovre contro il Cav

di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

L’ultimo audio sulla sentenza pilotata contro Berlusconi e le chat perugine tra giudici secondo cui Salvini doveva «essere colpito» a prescindere, rafforzano il sospetto che una parte della magistratura abbia operato secondo fini che esulavano dal proprio ambito e spostano il discorso sul politico: perché un’ampia parte della classe dirigente non interviene e si gira dall’altra parte? Può una classe politica e istituzionale degna di questo nome non indignarsi di fronte alla possibilità che un protagonista della vita del Paese, Silvio Berlusconi, sia stato fatto fuori con sentenze forse pilotate, mentre sul suo successore al vertice del centrodestra, Matteo Salvini, si sia scatenata la solita furia dei pm?

Eppure di fronte all’ennesima rivelazione, anche ieri la sinistra è rimasta muta. Dei grillini, che pure esprimono il ministro della Giustizia, neppure parliamo. Ma il Pd? Silenti anche loro. Viene quindi da pensare che per Zingaretti e soci le cose vadano bene così, chiedono la verità su Ustica e su Giulio Regeni (e fanno bene a farlo perché sono vicende scabrose) e in questo modo credono di aver chiuso i conti con la giustizia. Solo i renziani hanno evidenziato alcuni distinguo.

A sinistra o sono quindi conniventi o più probabilmente hanno paura, forse credono che in circostanze di questo tipo basti aspettare che passi la bufera. Il punto è però che storture talmente evidenti minano in modo radicale il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato, il supremo patto di cui le forze politiche e istituzionali sono garanti. La gente non mangia pane e sentenze, è vero, ma dare l’idea di accettare un gioco così sporco finisce per screditare la credibilità stessa di una parte politica.

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