Altri tre senatori M5s in odor d’uscita. I conti iniziano a non tornare più

Nel frattempo nel Movimento 5 Stelle monta la preoccupazione. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà prova a gettare acqua sul fuoco e a diffondere ottimismo: “Siamo ben superiori alla maggioranza di 160, siamo quasi a 170, c’è una maggioranza stabile, lo abbiamo dimostrato anche quando quel volpone di Calderoli ha cercato di mettere una trappola al Senato”. In realtà la maggioranza assoluta è di 161 voti e la somma dei gruppi parlamentari che sostengono il governo porta a 160. I restanti voti a cui si riferisce D’Incà sono ballerini, a volto ci sono e a volte no trattandosi dei senatori a vita e degli espulsi M5s.

In più il 30 giugno arriverà il giorno del giudizio per tanti parlamentari M5s che non hanno restituito i soldi e compilato le rendicontazioni. Nella mente dei probiviri c’è comunque l’idea di non forzare troppo la mano con le espulsioni, si parla piuttosto di sanzioni perché altrimenti i numeri in Parlamento si assottiglierebbero ulteriormente. Ma già adesso, stando così le cose, ogni voto è un terno al lotto. Quando la settimana scorso a Palazzo Madama c’è stato il voto sul decreto Elezioni, tutto lo stato maggiore grillino ha preso in mano il cellulare per garantire i numeri in Aula. E il rischio è che si vada avanti così in ogni votazione davanti a un gruppo sempre più rattoppato.

Il momento cruciale per capire il futuro M5s saranno le elezioni regionali. I grillini andranno da soli in tutte le regioni, solo in Liguria si sta provando a trovare un accordo con il Pd ma la strada è ancora in salita. Il timore di Nicola Zingaretti è consegnare i territori al centrodestra ma nello stesso tempo i 5Stelle lo accusano di non volersi sedere al tavolo a trattare. Su queste macerie saranno celebrati gli Stati generali grillini dove non è escluso, secondo alcune voci, che si tornerà a parlare di terza via, quella tanto amata da Luigi Di Maio che prevede alleanze con il centrosinistra o con il centrodestra secondo i territori. Molto dipenderà dal voto di settembre e dall’assetto che il congresso darà al mondo grillino: capo politico unico o segreteria allargata. Per adesso si propende per la seconda, includendo Alessandro Di Battista che dall’esterno continua a picconare il Movimento provocando anche qualche fuoriuscita.

L’HUFFPOST

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