Tracce di coronavirus nelle acque di Torino, Milano e Bologna già a dicembre: il Covid-19 circolava molto prima degli allarmi

Coronavirus, il bollettino di oggi 18 giugno: torna a salire il numero dei ricoverati gravi. Le vittime sono 66

a cura di ALESSIO SGHERZA
“Dal 2007 con il mio gruppo portiamo avanti attività di ricerca in virologia ambientale e raccogliamo e analizziamo campioni di acque reflue prelevati all’ingresso di impianti di depurazione”, spiega Giuseppina La Rosa, del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha condotto lo studio in collaborazione con Elisabetta Suffredini del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica veterinaria.


Coronavirus, tutti i grafici e le mappe

“Lo studio – prosegue La Rosa – ha preso in esame 40 campioni di acqua reflua raccolti da ottobre 2019 a febbraio 2020, e 24 campioni di controllo per i quali la data di prelievo (settembre 2018 – giugno 2019) consentiva di escludere con certezza la presenza del virus. I risultati, confermati nei due diversi laboratori con due differenti metodiche, hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-Cov-2 nei campioni prelevati a Milano e Torino il 18/12/2019 e a Bologna il 29/01/2020. Nelle stesse città sono stati trovati campioni positivi anche nei mesi successivi di gennaio e febbraio 2020, mentre i campioni di ottobre e novembre 2019, come pure tutti i campioni di controllo, hanno dato esiti negativi”.

Questa ricerca può contribuire a comprendere l’inizio della circolazione del virus in Italia e fornisce informazioni coerenti rispetto ad altri risultati ottenuti dall’analisi retrospettiva su campioni di pazienti ospedalizzati in Francia, che identificavano un positivo al SARS-CoV-2 in un campione respiratorio, quindi clinico, risalente alla fine di dicembre 2019, e ad un recente lavoro spagnolo che ha rinvenuto  RNA di SARS-CoV-2 in campioni di acque reflue raccolte nella metà di gennaio a Barcellona, circa 40 giorni prima della notifica del primo caso autoctono”.

La prima data che riguarda il capoluogo piemontese è il 18 dicembre. I dati, per quanto limitata possa essere la presenza del virus riscontrata nelle acque del Torinese, sono fondamentali per comprendere quando il coronavirus abbia cominciato davvero a circolare in città e nella cintura. Molto prima, a quanto pare, dei primi casi che hanno destato allarme.

Torino, nessuna traccia di coronavirus nelle acque e nell’aria: l’Arpa esclude l'”effetto Parigi”

di MARIACHIARA GIACOSA E’ uno studio, quello reso noto oggi, che a prima vista appare in contraddizione con quanto dichiarato dall’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, poco più di un mese fa, il 7 maggio: “Non ci sono tracce di coronavirus nelle acque e nell’aria di Torino”. L’Arpa aveva eseguito una serie di test, assieme all’Asl di Torino, sulle polveri sottili e sulle acque reflue del capoluogo piemontese e non aveva trovato tracce di Rna specifico.

Coronavirus, acque di scarico ‘spia’ di focolai Covid-19

di IRMA D’ARIA La possibilità che il coronavirus possa finire nelle acque è stata rilevata per la prima volta a Parigi, dove parti del microrganismo che provoca il Covid-19 sono state individuate nella Senna. I risultati dei controlli dell’Arpa regionale sulle acque torinesi, sulle matrici ambientali della centralina del Lingotto e sugli scarichi delle acque reflue del depuratore Smat, esaminati dai laboratori dell’Amedeo di Savoia e San Luigi di Orbassano, invece, non avevano dato, allora, riscontri di questo tipo. Con il nuovo studio dell’Istituto Superiore di Sanità, tuttavia, ora la situazione sembra essere molto diversa.

“I nostri risultati – sottolinea Luca Lucentini – confermano le evidenze consolidate ormai a livello internazionale sulla funzione strategica del monitoraggio del virus in campioni prelevati regolarmente nelle fognature e in ingresso agli impianti di depurazione, come strumento in grado di individuare precocemente e monitorare la circolazione del virus nei diversi territori. Passando dalla ricerca alla sorveglianza – va avanti Lucentini – sarà indispensabile arrivare ad una standardizzazione dei metodi e dei campionamenti poichè sulla positività dei campioni incidono molte variabili quali per esempio il periodo di campionamento, eventuali precipitazioni metereologiche, l’emissione di reflui da attività industriali che possono influire sui risultati di attività ad oggi condotte da diversi gruppi. Lavoriamo per dare al paese una rete di sorveglianza insieme ad Arpa e ad Ispra”.

“In questo senso – conclude Lucia Bonadonna, direttrice del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto superiore di Sanità – abbiamo presentato una proposta di azione al Ministero della Salute per l’avvio di una rete di sorveglianza su SARS-CoV-2 in reflui, e già nel luglio prossimo avvieremo uno studio pilota su siti prioritari individuati in località turistiche. Sulla base dei risultati dello studio pilota, contiamo di essere pronti per la sorveglianza sull’intero territorio nazionale nei periodi potenzialmente più critici del prossimo autunno”.

REP.IT

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