Paolo Massari, parla la donna che accusa l’ex assessore: «In quel bunker pensavo di morire»

Partiamo proprio da qui. «Ho sentito e mi hanno riferito strane voci che stanno circolando negli ambienti mediatici e non soltanto in quelli. Voci secondo le quali mi starei inventando tutto, poiché il rapporto sarebbe stato consenziente, starei esagerando in relazione a chissà quale perfida macchinazione… Ma scusate un po’, il tutto a quale vantaggio? Quale? Io tremo all’idea che possa uscire il mio nome, che i miei genitori vengano a saperlo, che la mia famiglia… Certo, ero così consenziente che avanzavo senza vestiti alle dieci di sera, non a notte fonda, cioè senza nessuno in giro, e la cosa neanche mi interessava… Ero terrorizzata, volevo soltanto scappare… C’erano passanti, automobilisti, e io me ne fregavo, di essere nuda, capisce? Proprio non me ne vergognavo, non ci badavo affatto… Dovevo andarmene il più lontano possibile da lui e da quel posto orribile. Non era un appartamento, era un bunker. Ho avuto questa sensazione, quando ci sono entrata: un bunker. Una prigione dove anche se avessi urlato non mi avrebbero sentita. Dove sarei morta ammazzata. Sì, venire uccisa: è stato questo il pensiero che avevo, non tanto e non soltanto — e mi fanno enormemente paura, queste parole che le dico — per la violenza in sé, quanto per eventuali peggiori conseguenze… I minuti trascorrevano lentamente, e nella mia testa hanno cominciato a formarsi gli incubi: “Mi fa fuori”. Non era suggestione, era una presa d’atto… Ero prigioniera, non scorgevo una minima via di uscita».

Lockdown e aperitivo

Le 20 di sabato, bar Basso di viale Abruzzi. Il luogo dell’incontro, il punto d’origine. «Sono imprenditrice e Paolo aveva proposto un articolo di approfondimento sul mio mondo. Come molti, come moltissimi, sto pagando un prezzo alto alla pandemia, il lavoro non c’è, si fa fatica, le prospettive sono preoccupanti… Ci conosciamo da quand’eravamo adolescenti, con Paolo, abbiamo frequentato il liceo Parini. Un tipo di conoscenza che rimane, nella vita, non ti vedi e non ti senti per anni poi capita che ci si ritrovi. Ho accettato l’invito all’aperitivo e, l’ammetto, è stato un bell’aperitivo. Un momento piacevole. Il mio primo aperitivo dopo tutti questi mesi di isolamento in casa. Non c’è stato niente, in quei momenti al bar, che mi facesse immaginare un finale del genere… Ad ambedue andava di proseguire con una cena al ristorante. Paolo ha detto che siccome il tempo non era buono, era meglio prendere la macchina lasciando lo scooter a casa sua, lì vicino. Ci siamo andati, e una volta nel seminterrato è sceso il buio. Qualcuno pensa che abbia commesso un errore, che in un certo senso me la sia andata a cercare… A me, che una donna debba difendersi come se fosse lei la colpevole, che debba giustificarsi, fa schifo».

Le umiliazioni

Le risultanze della polizia e le convinzioni della Procura basano l’accusa sulla testimonianza della donna, sui referti medici, sulle evidenti tracce di sangue sul divano, il luogo delle violenze, e intorno allo stesso, sul pavimento del seminterrato. «Sono una persona diretta, pratica. Ho l’età che ho, sono abituata alle frasi e alle mosse degli uomini… Sono sempre riuscita a fermarli subito… Quando un uomo supera i cinquant’anni, entra in una dimensione nuova, quasi che ogni donna gli tocchi per diritto, poveretto, il fisico gli cede, la moglie l’annoia, i figli non li sopporta, e soprattutto non riesce più a corteggiare e avere, diciamo così, riscontri… Paolo ha avuto una velocissima metamorfosi, ha iniziato a dare ordini e pretendere che li eseguissi, mi ha umiliata, voleva che fossi la sua schiava… Aveva quel ghigno, quel ghigno… Ero da un lato bloccata, paralizzata, e dall’altro ho deciso di gestire la situazione, di cercare di controllarla per quanto potessi, avevo quel pensiero fisso, sempre lo stesso: “Mi ammazza”. All’improvviso, forse appagato, si è fermato e ha acceso una sigaretta. La saracinesca del box, adiacente il seminterrato, aveva un pertugio alla base, non so neanche come sia riuscita a passarci, ma ci sono riuscita, ho percorso un vialetto, sono sbucata in strada… Lui era alle mie spalle, sullo sfondo. Calmo, rilassato. Ripeteva: “Rientra, non far la matta”. Non mi stupirei se ci fossero state altre donne. Che non hanno denunciato».

CORRIERE.IT

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