Giù le mani da Montanelli, uomo libero

di MICHELE BRAMBILLA

Un movimento milanese di cui non si conosceva l’esistenza e non si sentiva la mancanza, tale “Sentinelli”, ha chiesto al sindaco la rimozione della statua che raffigura Indro Montanelli all’interno dei Giardini a lui intitolati. Sciaguratamente, alcuni esponenti del Pd e praticamente l’intero gruppo consigliare del Movimento Cinque Stelle si sono accodati entusiasti, invitando Beppe Sala a provvedere per vie brevi. 
Motivo della damnatio memoriae, le nozze che Montanelli avrebbe contratto in Eritrea, negli anni Trenta, con una dodicenne. E quindi, in due parole, pedofilia e razzismo.

È una richiesta che si inserisce in una furia iconoclasta che sta contagiando un po’ tutto il mondo, e che ha portato ad abbattere una statua di Cristoforo Colombo a Richmond, in Virginia, e ad imbrattarne una di Churchill (“was a racist”) a Londra. Ma veniamo a Montanelli. Per difenderlo, qualcuno ha cercato di contestualizzare: il periodo storico, le guerre coloniali, il fatto che in Africa le femmine si sposavano prestissimo, la giovane età (26 anni) dello stesso Montanelli, l’ubriacatura dell’impero fascista e del posto al sole. E così via.

Ma cercando di giustificare quel matrimonio con la ragazzina eritrea, si finisce in un cul-de-sac, come sempre accade quando si cerca di dimostrare l’indimostrabile, e cioè l’assoluta immacolatezza di un essere umano. Di ogni essere umano. Il giusto pecca sette volte al giorno, dice il Libro dei Proverbi, e infatti se si usassero i criteri di questi Sentinelli non ci sarebbe santo in paradiso: da Saulo di Tarso, che fu mandante di omicidi, ad Agostino, che provò tutto quello che c’era da provare, e qui mi fermo. Chiunque dica di non aver nulla da farsi perdonare pronuncia al tempo stesso una menzogna; e chiunque si autodefinisca ‘una persona onestà dovrebbe essere automaticamente definito ‘un bugiardo’.

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