È partito il ballo. E non è a Villa Pamphili

Il punto è semplice, prevedibile, inevitabile, in un paese in cui c’è una certa vocazione alla “Norimberga” e ogni catastrofe naturale, dal Vajont all’Irpinia all’Abruzzo è stato accompagnato e seguito da una giudiziaria. A maggior ragione per un dramma non paragonabile, per numero di vittime, ai casi appena citati. Sulla prima pagina della versione online del NY Times, in un articolo veniva stimato che Bergamo è la zona al mondo con il maggior moltiplicatore di morti: un numero 6,3 volte maggiore rispetto alla media dei morti nelle epidemie dell’ultimo secolo. Questo crudo dato spiega tanto l’interrogativo politico, che è lo stesso dei familiari delle vittime, quanto la ricerca di eventuali responsabili penali.

Anticipiamo quel che accadrà, in fondo non ci vuole né la Sibilla né la Cassandra: nella giustapposizione dei piani tra responsabilità politica e responsabilità penale, il terreno dell’accertamento della verità accenderà la spettacolarizzazione, il rimpallo di responsabilità, l’istituzione di una commissione di inchiesta in un clima ben diverso rispetto alla Francia, dove la commissione è stata varata con sobrietà tra Governo e opposizione. Le prime dichiarazioni di Matteo Salvini, a proposito di una “giustizia fatta”, indicano proprio questo, in un paese dove il garantismo vale sempre su di sé e diventa giustizialismo sugli altri.

E allora, con spirito di servizio, limitiamoci a pochi cenni per collocare la questione. La materia è, evidentemente, una materia “concorrente”. Perché le Regioni hanno la responsabilità della Salute, e quindi della questione delle epidemie, ma la gestione dell’ordine pubblico spetta allo Stato nazionale. E infatti fu il governo, a fine febbraio, a istituire le prime zone rosse a Codogno, Vo’ Euganeo, i comuni del lodigiano. Così come in alcune zone dell’Emilia (Parma, Piacenza, Rimini, Reggio, Modena), del Veneto (Venezia, Padova), del Piemonte (Alessandria, Vercelli, Novara). Successivamente, dopo l’11 marzo, quando il Governo aveva trasformato l’intero territorio nazionale in una “zona arancione”, furono le Regioni, in base all’andamento del contagio, a istituire autonomamente delle zone rosse.

L’inchiesta dunque, con il conseguente rimpallo di responsabilità politiche tra le Regioni, che invocano la responsabilità del Governo e il Governo che sottolinea le responsabilità delle Regioni, accende i riflettori su una questione specifica. Perché nei giorni tra il 3 marzo e il 9 marzo nessuno chiuse Alzano e Nembro? Il 3 marzo è il giorno successivo a quando l’Istituto superiore di sanità aveva stilato una nota in cui proponeva di creare una “zona rossa” per isolare il “cluster” del bergamasco, sentiti anche il governatore Fontana e l’assessore Gallera. Il 9 è il giorno successivo al Dpcm che trasformava la Lombardia in una zona arancione di 11 milioni di abitanti. Le Regioni sostengono che, come fatto in precedenza in altre zone, avrebbe potuto decidere il Governo; il premier che, ai sensi di legge, (l’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978 n.833) avrebbe potuto farlo la Regione.

In quei giorni di inizio marzo il ministro della Salute Roberto Speranza va in Lombardia e annuncia imminenti decisioni del Governo che, infatti, sarebbero arrivate di lì a pochi giorni. E il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, il 4 marzo in Parlamento dichiara: “In caso di emergenza nazionale decide lo Stato. Nel caso di un’emergenza transnazionale come il Covid il livello di decisione non può che essere quello statale”.

Fin qui la cornice temporale, normativa e giudiziaria. Poi c’è la dinamica politica che racconta di una Regione che ha rivendicato più di tutte l’autonomia, ma l’ha meno praticata, anche per effetto della pressione del partito del Pil (in quei dieci chilometri, si dà occupazione a 4000 persone e si fattura quasi un miliardo di euro l’anno). E di un Governo – ricordate la confusione del famoso weekend con l’assalto ai treni alla stazione di Milano? – concentrato sul faticoso varo di un provvedimento nazionale, nell’ambito del quale gestire l’emergenza lombarda. L’inchiesta, nell’ambito di una materia in cui sulla carta ci sono responsabilità politiche di entrambi, chiarirà se, nell’ambito delle comunicazioni intercorse tra Stato Centrale e Regioni, sono ravvisabili profili penali che hanno portato al disastro. Tutto qui, e non è poco.

L’HUFFPOST

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