Guanti e mascherine: il Covid ingolfa lo smaltimento rifiuti. E le mafie fanno affari

I rifiuti urbani: quanti sono e dove vanno

Tutto questo va a sommarsi al totale di produzione di rifiuti urbani che sono di 30,1 milioni di tonnellate, di cui 12,6 indifferenziata. Dove vanno a finire? La metà in discarica, cioè 6 milioni di tonnellate, il resto viene in gran parte bruciato nei termovalorizzatori, ma siccome non ci bastano, e alcuni sono obsoleti, va a finire che un po’ li mandiamo anche all’estero e un po’ vengono smaltiti in modo illegale.

Immondizia che s’ammassa

I rifiuti legati al Covid-19 non sono di quantità tale da rappresentare un problema di per sé, ma vanno a incidere su un ciclo di smaltimento già in difficoltà da anni e su cui pesa l’ombra dei capannoni che vanno dolosamente a fuoco: 690 in tre anni. L’ultimo grande rogo è del 27 agosto 2019, proprio a Codogno. L’anno prima a Milano sono bruciate 5 mila tonnellate di plastiche e le emissioni di diossina, fino a 1000 volte sopra i limiti, sono state respirate dai cittadini. Siccome l’Italia non è autosufficiente, nelle discariche si sono ammassate 16 mila tonnellate di rifiuti che nei due mesi di chiusura non è stato possibile portare fuori dal Paese. Sono 465 mila le tonnellate di immondizia che ogni anno portiamo all’estero, principalmente verso Austria, Portogallo, Slovenia, Spagna, Bulgaria, Tunisia, Cipro, Slovacchia e Germania.

La proiezione su base annua è di oltre 123 mila tonnellate di spazzatura per cui, come effetto del Covd-19, bisogna trovare una destinazione di trattamento adeguato dentro i confini. Per non mandare in crisi il sistema di smaltimento il 27 marzo, nel pieno dell’epidemia, il ministero dell’Ambiente è stato costretto a emanare una circolare (ripresa con 60 ordinanze regionali) per aumentare i quantitativi di rifiuti che si possono accumulare in discarica e che possono essere bruciati nei termovalorizzatori. In più viene prevista la possibilità di raddoppiare, per 18 mesi, la quantità di rifiuti dentro a deposti temporanei.

Il blocco della filiera del riciclo

Il lockdown ha bloccato anche la filiera del riciclo, dalle cartiere ai pannellifici che recuperano il legno, alle fonderie per i rottami metallici. Ciò ha comportato la necessità di aumentare fino al 50% per il tempo dell’emergenza (in realtà il periodo è indefinito) la capacità di stoccaggio degli impianti dove viene raccolto il materiale da riciclare in attesa di raggiungere i luoghi in cui viene lavorato. Ma ora si prospetta una questione ancora più grave: il crollo del prezzo del petrolio ha comportato un calo dei prezzi delle materie prime e, quindi, diventa meno conveniente riciclare. Se produrre plastica o carta vergine è più vantaggioso, come si fa a dare una seconda vita a oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti dalla differenziata ogni anno? Occorrerebbe un intervento legislativo per fissare l’obbligo di livelli minimi di utilizzo di materiale riciclato dov’è possibile. Per esempio i sacchetti per i rifiuti, per i quali oggi non è previsto nessun quantitativo minimo sul tipo di plastica con cui possono essere prodotti; oppure consentire l’incremento dell’utilizzo di plastica riciclata per le bottiglie d’acqua (oggi il limite è del 50%). Anche le agevolazioni fiscali potrebbero incentivare i produttori ad utilizzare quote crescenti di materiale riciclato. Proprio per favorire il riciclo delle plastiche miste e ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi, la legge di Bilancio 2019 prevede la concessione di un credito d’imposta del 36% per le spese documentate di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, biodegradabili e compostabili. Peccato che l’importo massimo annuale per ciascun beneficiario sia fissato a 20 mila euro e che il limite massimo complessivo sia stato quantificato di un milione di euro annui per il 2020 e 2021.

Il traffico dei rifiuti e i roghi

Come confermato anche dall’arresto degli ultimi giorni del re delle discariche siciliane Nino Leonardi, il traffico illecito dei rifiuti non si ferma mai. Il rischio è che l’emergenza Covid-19 faccia deflagrare una situazione già compromessa. La questione è stata di recente esaminata dalla commissione Ecomafie del Parlamento alla quale il procuratore aggiunto di Milano, Alessandra Dolci, sottolinea il «particolare interesse delle organizzazioni criminali, principalmente la ‘ndrangheta, nel settore del traffico di rifiuti anche di rifiuti Covid». «C’è una progettualità in divenire che stiamo già indagando» dice il magistrato.

Sarà difficile uscirne, però, se non si decide di costruire impianti adeguati, come i termovalorizzatori di nuova generazione e a bassissimo impatto ambientale. Al centro sud ne mancano quattro e in questo vuoto viaggiano i tir carichi di rifiuti e sguazza la criminalità specializzata. Intanto noi, nella quotidianità, possiamo fare qualcosa per proteggere noi stessi, gli altri, e l’ambiente: utilizzare mascherine e guanti di cotone lavabili. Almeno questo.

CORRIERE.IT

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