Prodi: «Lo Stato diventi azionista per difendere le imprese. Il governo? Non può cadere»
Lei ha più volte
ripetuto che lo Stato è chiamato a intervenire per proteggere le
imprese. Cassa depositi e prestiti sarà la nuova Iri?
«L’Iri
qui non c’entra nulla. Non è più tempo. Cassa depositi e prestiti è
sicuramente uno strumento per l’azione dello Stato. Quando è necessario
bisogna pensare a una partecipazione pubblica di minoranza nelle imprese
anche per difendere da mire straniere le aziende indispensabili al
nostro futuro. Non è statalismo: basta guardare a quello che fanno i
francesi. Difendere gli interessi nazionali non è un affare da
sovranisti. Naturalmente mi auguro che il necessario intervento pubblico
sia un fatto temporaneo».
Alla fine saremo costretti a ricorrere al Mes?
«Ma
perché dice “saremo costretti”? È un prestito senza condizionalità e a
un tasso più basso di quello di mercato. “Facciamo senza” è
un’espressione che si può permettere chi i soldi li ha. E se non li
prendiamo ci indeboliamo pure sull’altra trattativa».
Quella sul Recovery fund.
«Sì, anche se preferisco il nome scelto dalla Commissione perché esprime una speranza per il futuro: Next generation».
Quindi così la spiegherebbe a un recalcitrante elettore M5S.
«Gli
direi che se cambia il contesto non si può vivere con le idee del
passato. Un governo, un partito non possono non tener conto delle
circostanze, dell’economia crollata, della gente che ha paura».
Rischiamo un’esplosione di rabbia sociale?
«È
un pericolo che si corre proprio se non si aiutano coloro che hanno più
motivi per protestare. Per questo insisto che bisogna costruire un
clima capace di comporre gli interessi di tutti. Tutti aspettano una
risposta ai loro problemi. Sa che cosa fa la gente adesso? Risparmia più
di prima, perché ha paura. Mentre dobbiamo innescare un processo
esattamente contrario. Ossia incentivare la domanda di consumi e di
investimenti. Dalle crisi si esce solo aumentando la domanda: quella
pubblica e quella privata».
Il rapporto tra Stato e Regioni è uscito piuttosto ammaccato dall’emergenza Covid. Vanno rivisti i poteri?
«A
me pare che fosse ammaccato anche prima. Andrebbe fatta una seria
riflessione, ma non è questo il momento. Peraltro le prerogative dello
Stato in materia di sanità sono già sufficientemente chiare nella
Costituzione».
Massimo D’Alema ha
detto che Pechino è una tappa obbligata per ripensare il mondo in crisi.
Sta scalando il «partito cinese italiano»?
«Perché
bisognerebbe dire che la Cina non esiste? D’Alema ha detto che noi siamo
fondamentali componenti della Nato: ribadito da lui è ancora più
importante. Questo non impedisce che si debbano avere rapporti
costruttivi con la Cina. Se fossimo intelligenti e capaci noi saremmo
già il porto d’arrivo in Europa non solo della Cina, ma di tutto il
mercato asiatico. Aggiungo, per quanto mi riguarda, che sono sempre
stato contrario alle sanzioni contro gli Stati perché in realtà
colpiscono i popoli e rafforzano i dittatori. Lo pensavo persino
riguardo alle sanzioni contro la Grecia al tempo dei Colonnelli».
Lei ha firmato l’appello a difesa degli anziani. Perché?
«C’è un aspetto che mi ha colpito molto. Durante il lockdown gli over 65 venivano comprensibilmente esclusi dal reclutamento dei volontari, per proteggerli. È uno spunto che ci deve indurre a ripensare completamente al ruolo degli anziani nella mutata demografia del mondo. L’allungamento della vita non è solo un problema di riforma delle pensioni. Bisogna adattare le regole della società al cambiamento della vita, e non la vita alle regole della società. È possibile eludere un tema del genere?».
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