La setta Virology

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Sia detto banalmente, in tempi di pandemia, parafrasando con licenza poetica Nietzsche, il virologo è giusto che diventi una stella polare danzante. A tutti loro occorre guardare sperando di uscirne, davvero il minimo che noi, i profani, gli inermi minacciati in potenza dal virus, si penda dalle labbra dell’Esperto, dal modo in cui espongono lo scadenzario del male finalmente, si spera, depotenziato da se stesso; così almeno in assenza di farmaci in grado di opporsi frenando il contagio.

Si racconta ancora che, come per ogni astro mediatico rispettabile, a ognuno di essi corrisponde ormai un costo, un prezzario televisivo: i virologi insomma, da molte settimane, si affacciano nei talk, allo stesso modo in cui, un tempo, accadeva all’epico professor Alessandro Cutolo, titolato universitario di storia, chiamato a dispensare ogni genere di soluzione, e ancora rispondere a quesiti addirittura di natura ontologica, se non per spiegare i meriti farmaceutici della penicillina; sia detto per inciso, fu proprio lui a dare parere favorevole contro chi, in tribunale, riteneva il romanzo “Una vita violenta” di Pier Paolo Pasolini materiale dal “contenuto pornografico”. Cutolo, sia aggiunto per ulteriore completezza, brillerà anche come suocero di Alberto Sordi nel “Medico della mutua”.

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