Il Paese dei bonus



E chissà la ripresa d’autunno cosa ci riserverà. Se assicurare la didattica è essenziale, altrettanto avrebbe dovuto essere cogliere l’occasione della chiusura per quegli interventi sulle strutture scolastiche che a ogni piè sospinto si invocavano prima dell’emergenza Covid-19, oltre che per puntare a un adeguamento tecnologico non più rinviabile. Si sarebbe indicata concretamente così una delle priorità del Paese che è quella dell’istruzione.

Poi le infrastrutture: c’è ancora bisogno di sottolineare quanto se ne avverta la necessità, da quelle fisiche a quelle digitali? D’accordo gli impegni a sbloccare i lavori, ma anche in quel campo viene tenuta a bagnomaria una società che, a tutt’oggi, è responsabile di migliaia di chilometri di autostrade e che dovrebbe investire miliardi. O si pensa che debba fare tutto lo Stato? E i privati, le imprese, reali motori della crescita, che ruolo avranno i loro investimenti? Come possono i cittadini comprendere che le infrastrutture sono una priorità del governo e che il nuovo Ponte Morandi non è l’eccezione di un’Italia che solo nelle tragedie è capace di reagire?

E che dire del Fisco? Rimandiamo tutti i pagamenti a settembre e poi si ricomincia dov’eravamo con tasse alte e norme che si rincorrono? La verità è che il paragone tra «Decreto Rilancio» e legge di Bilancio non è fuori luogo. Quest’ultima in Italia è stata sempre un mezzo per amministrare il consenso. Ma così facendo si creano mostri dove si tenta di infilare di tutto, dalla regolarizzazione dei migranti passando per l’Alitalia. Con il risultato di essere perennemente in ritardo tentando continue e defatiganti mediazioni tra le forze politiche. L’emergenza avrebbe
dovuto consigliare di agire per singoli provvedimenti (com’era stato in fondo
per il Cura Italia), da dedicare volta per volta alle famiglie, alle imprese, alla scuola, al digitale e via dicendo. Si sarebbero indicate così le priorità che si perdono in un provvedimento dove le misure vanno dai trasporti allo sport, dalla giustizia all’ambiente.

Chi l’ha detto che cittadini, famiglie e imprese, non avrebbero capito che accontentare tutti, o meglio tentare di farlo con altalenanti successi, è solo una scorciatoia e non una strategia di governo? Ma questo avrebbe significato fare scelte,
e assumersi la responsabilità di dare al Paese una direzione. Avremo invece, l’abituale maxi provvedimento, dove cose buone si alterneranno ad atti dovuti.
Alle oltre 400 pagine di misure previste nella bozza se ne affiancheranno chissà quante altre. Ogni provvedimento seguirà un iter e tempi propri impedendo un reale controllo della loro attuazione. E confermando ancora una volta che
la passione della politica nazionale è occuparsi di risorse e soldi da distribuire. Ma con la beffa, che quando non si tratta di sussidi, a forza di non scegliere, spesso quel denaro resta in cassa, perché la parte facile è annunciare e stanziare, quella difficile è come spendere.

CORRIERE.IT

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