Coronavirus, su alunni metà a scuola e metà a casa Azzolina frena: “Solo una proposta, forse per i più grandi”

Un primo stop allo scenario “classe-web” era arrivato già da Patrizio Bianchi, presidente della task force del ministero dell’Istruzione, ma nel dibattito interviene anche il ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi: “La ministra Azzolina non ha bisogno dei miei consigli e sta affrontando un problema estremamente difficile perché per me è più facile avere da fare con degli studenti che sono più grandi, che sono anche più attrezzati. Credo ci dovremo abituare per la ripresa a settembre a una certa rotazione dei ragazzi. Ci vuole un po’ di sacrificio da parte di tutti e credo che – ha sottolineato – vanno privilegiati soprattutto i più piccoli, quelli che hanno più bisogno di avere un contatto diretto con la scuola, con un insegnante, e cercare di alleggerire la pressioni con quelli più adulti maggiormente in grado di potersi di potersi gestire a distanza”.

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“Per tornare a scuola a settembre in piena sicurezza stiamo immaginando soluzioni flessibili che si dovranno necessariamente adattare alle varie fasce d’età degli studenti, alle strutture scolastiche e anche alla specificità delle diverse realtà territoriali”, spiega la ministra. Ma nell’immediato c’è il tema dell’esame di maturità che si dovrebbe fare in presenza. A scendere in campo sono statioggi i presidi, chiedendo “specifici protocolli di sicurezza inerenti gli strumenti, le procedure e le connesse responsabilità”.

Dopo le polemiche sollevate dalla proposta, Azzolina commenta su Facebook: “Ci sarebbe piaciuto poter riaprire tutto e farlo subito. Il presidente del Consiglio Conte, io stessa, gli altri ministri avremmo potuto inseguire un facile consenso, cavalcando il malcontento di una popolazione comprensibilmente esausta. Ma abbiamo giurato sulla Costituzione di fare l’interesse del Paese, non di curare il tornaconto personale. La salute dei cittadini viene prima di ogni cosa”.

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“La divisione delle classi, metà in aula e metà online – aveva precisato Bianchi – è quello che noi chiamiamo lo scenario zero, lo scenario di partenza, sul quale stiamo lavorando. Con varianti che vanno soppesate, perché ci sono sia i bambini di prima elementare che i maturandi. La cosa importante è che ognuno, ma neanche uno di meno, possa usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire”.

L’emergenza Covid “ha evidenziato tutta una serie di problemi che nella scuola italiana c’erano già da anni”. “Sono dieci anni Bianchi – aveva detto – che diciamo che la dimensione ideale di una classe è di 10-12 bambini, per superare quelle che, con un’espressione che io odio, vengono chiamate le ‘classi pollaio’. Questa può essere un’occasione, ci sono tante sperimentazioni, anche per provare ad andare oltre le classi. C’è poi il problema dell’edilizia scolastica, che andrà affrontato con uno sguardo pluriennale, ma che ci portiamo dietro da tantissimo tempo”.

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In vista della riapertura delle scuole, “dobbiamo sforzarci di fare dei patti territoriali per utilizzare gli spazi che esistono”. “Per fare un esempio – il suo ragionamento – c’è un liceo di Palermo, a Ballarò, che ha un corso musicale. Già prima di questa emergenza aveva difficoltà di spazi, stiamo facendo un ragionamento con il Teatro Massimo per provare ad ipotizzare delle soluzioni. Abbiamo chiesto che il ministero metta a disposizione un’unità speciale per aiutare i singoli presidi a organizzarsi al meglio. C’è un problema di formazione, per aiutare i nostri studenti a uscire da questo trauma”.

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“Nella fase della ripartenza – aveva appunto sottolineato – sarà centrale il tema dell’autonomia scolastica. Noi siamo un comitato di esperti che è in scadenza al 31 luglio, vogliamo fornire al ministero, auspicabilmente prima di quella data, una road map per mettere le scuole nelle condizioni di funzionare, garantendo a tutti gli studenti di poter usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire”.

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