Coronavirus, se lo Stato trasferisce in ritardo i soldi per le imprese

Gli altri possono attendere. In fondo è come se il merito di credito che doveva essere totalmente bypassato per i mutui fino a 25 mila euro, uscito dalla porta fosse rientrato dalla finestra e ora faccia valere le sue ragioni. Se aggiungiamo che qualche istituto di credito prende tempo, e qualche altro fa affiggere cartelli in cui dichiara di aver esaurito i fondi e invita a contattare il numero verde, il panorama è completo. Un provvedimento preso alla garibaldina e con le migliori intenzioni di questo mondo rischia di rivelarsi inefficace e di lasciare scorie nel rapporto tra Stato, banche e cittadini. Anche per quanto riguarda i prestiti più alti garantiti non in toto e intermediati dalla piattaforma del portale Sace, i primi riscontri segnalano ritardi ancora maggiori e ampie difficoltà di implementazione.

Tra gli addetti ai lavori le opinioni sono differenti, c’è chi sostiene che invece di privilegiare la via bancaria lo Stato avrebbe dovuto usare più largamente il canale fiscale o concedere aiuti a fondo perduto. Di sicuro però i margini di manovra del governo erano ristretti: lo Stato per salvare artigiani e commercianti non poteva indebitarsi ancora di più e doversi presentare sul mercato puntando a raccogliere maggiori risorse. Di fatto però disegnando la sua azione a spicchi il governo ha finito per licenziare una manovra di ristoro dove si stemperano le priorità e campeggia la parola bonus. Per la famiglia, per i Comuni e le province, per le Regioni, per i lavoratori autonomi e anche per incentivare le vacanze in Italia.

Al di là però delle valutazioni di carattere generale non si può che essere «ragionevolmente pessimisti» sull’esito delle misure decretate. La liquidità non arriverà alle imprese nei tempi giusti e quindi assisteremo prima dell’estate a un drastico processo selettivo. E non basta. Le imprese che comunque saranno riuscite a ripartire avranno la zavorra dei debiti da restituire in sei anni, di conseguenza il loro contributo alla crescita dovrà scontare questo handicap e sarà minore di quanto servirebbe. Nell’Italia che fatica ad uscire dal lockdown, che si interroga sulle trasformazioni delle proprie abitudini di vita, che è preoccupata di restare senza lavoro, tutte le incongruenze di cui sopra andrebbero affrontate e risolte con metodo. Ne va della capacità di far leva sullo spirito e le motivazioni necessarie per innescare l’auspicata ricostruzione.

CORRIERE.IT

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