Recovery Fund, Mes, Sure e nuovo bazooka Bce: cosa c’è nell’arsenale europeo anti crisi da oltre 2000 miliardi

Mes & co. Ben diverso è il sostegno del Mes, il più rilevante dei tre pilastri del pacchetto di interventi approvato la scorsa settimana dall’Eurogruppo, un piano che a differenza del Recovery Fund non servirà alla ripresa sul lungo periodo, ma a fronteggiare la crisi nell’immediato. I “famosi” 36 miliardi che l’Italia potrebbe richiedere al Fondo Salva Stati senza condizionalità sarebbero un prestito a tutti gli effetti, la cui scadenza al momento non è ancora stata definita. Perché allora chiedere aiuto al Fondo Salva Stati e non direttamente al mercato attraverso nuove emissioni? Perché il Fondo Salva Stati preseterebbe denaro ad un tasso molto più basso rispetto a quello che il Tesoro strapperebbe in asta piazzando i propri titoli. Risultato: il governo potrebbe risparmiare diverse centinaia di milioni di euro di spesa per interessi e, aderendo al Mes, vedrebbe spianarsi la strada per le Omt, il programma di acquisti di Btp “mirati” e illimitati da parte della banca centrale europea. Strumento mai attivato fino ad oggi e arma molto preziosa in caso di pericolosi rialzi dello spread.

Di prestiti, anche se di importi minori e destinati a finanziare gli ammortizzatori sociali, si parla anche in riferimento al Sure, il fondo ideato dalla commissione su idea di Paolo Gentiloni che dovrebbe raccogliere fino a 100 miliardi sul mercato attraverso un sistema di garanzie volontario da parte dei Paesi che dovrebbero assicurare fino a 25 miliardi. L’Italia potrebbe ottenere fino a 20 miliardi per finanziare la cassa integrazione e tenere in piedi le imprese in questo momento a secco. Un modo per evitare che il virus distrugga il nostro sistema produttivo con danni irreparabili. Schema analogo per i 200 miliardi che la Bei spera di raccogliere attraverso un nuovo fondo grazie a 25 miliardi di nuove garanzie assicurate da almeno il 60% del capitale della Bei. Soldi che andrebbero per progetti di investimento a imprese ed enti locali.

Bce. Su un diverso piano, quello della politica monetaria, si muove la Banca centrale. Alla quale le regole comunitarie impediscono di finanziare direttamente gli Stati. Il suo obiettivo è la stabilità dei prezzi. E per ottenerla può reagire alle crisi economiche, in particolare immettendo liquidità nel sistema (ovvero trasferendo denaro alle banche, incentivandone il passaggio all’economia reale). Un beneficio indiretto, dunque, che cittadini e imprese dovrebbero riuscire a toccare con mano trovando tassi sui mutui vantaggiosi, prezzi in aumento ordinato rispetto ai salari, mercato del credito che fluisce con regolarità e a condizioni eque. Non a caso, già Mario Draghi chiedeva alla politica fiscale di affiancare quella monetaria nella sfida del rilancio dell’economia. Ancor più lo sta facendo Christine Lagarde, ora che quella sfida è diventata un muro.

Partendo già da una situazione di tassi sottozero e Qe riavviato in autunno, l’Eurotower è tornata gradualmente (troppo lentamente, per alcuni) in gioco nelle ultime settimane. A metà marzo ha annunciato una edizione speciale del programma di acquisto di titoli, il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) con una potenza di fuoco da 750 miliardi di euro e durata fino alla fine di marzo. Un bazooka che si è aggiunto alla rivoltella da 120 miliardi che era già stata piuntata il giorno 12. “Il nostro programma di acquisto per l’emergenza pandemica, insieme agli altri programmi, ci consente di acquistare titoli per oltre 1.000 miliardi di euro fino alla fine dell’anno”, ha rivendicato Lagarde. L’azione è stata estesa oltre gli acquisti secchi di titoli. La Bce ha ampliato la gamma di strumenti che può rastrellare ai crediti commerciali e ha rafforzato le operazioni di finanziamento agevolato per le banche: “Stiamo rendendo disponibili 3 mila miliardi attraverso le nostre operazioni di rifinanziamento, incluse quelle al tasso inferiore che abbiamo mai offerto, lo 0,75 per cento”, le parole di Lagarde. Attraverso i suoi acquisti, la Bce può mantenere bassi i rendimenti dei titoli dei Peasi, e quindi lo spread, permettendo così ai Paesi di finanziarsi sul mercato a tassi più bassi.

L’azione è stata estesa oltre gli acquisti secchi di titoli. La Bce ha ampliato la gamma di strumenti che può rastrellare ai crediti commerciali e ha rafforzato le operazioni di finanziamento agevolato per le banche: “Stiamo rendendo disponibili 3 mila miliardi attraverso le nostre operazioni di rifinanziamento, incluse quelle al tasso inferiore che abbiamo mai offerto, lo 0,75 per cento”, le parole di Lagarde. Inoltre la Supervisione bancaria ha allentato le regole sul capitale delle banche, liberando – è la stima a Francoforte – 120 miliardi di capitale per aumentare la capacità di prestiti degli istituti. L’ultima mossa, proprio alla vigilia del vertice Ue, è stata di ampliare i rating dei titoli che le banche posson portare come collaterale quando attingono liquidità dalla Bce: sono ammessi anche quelli che diventeranno “spazzatura”, ma non lo erano alla data del 7 aprile. Secondo alcuni analisiti, solo un assaggio delle portate che devono ancora arrivare. C’è chi già scommette sull’aumento del PEPP di altri 500 miliardi, entro fine mese.

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