Qualcosa si è rotto

Perché è chiaro che è solo una tregua apparente, quella raggiunta sul Mes: il classico tentativo di rinvio in vista del Consiglio europeo, finché poi in Parlamento arriverà l’ora del giudizio. Ecco perché serpeggia una certa inquietudine, mal celata nei ragionamenti non ufficiali di parecchi ministri del Pd: “Conte – dice uno di loro – prova a farla marcire finché riesce, ma il problema è che questo sta diventando un metodo e così marciamo tutti, di non decisione in non decisione”.

Quel che sta accadendo è che, per la prima volta da agosto, qualcosa di profondo si è incrinato nel rapporto tra il Partito democratico e il presidente del Consiglio. Gli indicatori di ciò sono nell’umore plumbeo di Franceschini. O nei spettri e nei sospetti che stanno dietro alcune dichiarazioni di Vito Crimi, insolitamente dure verso l’alleato. E cioè che sia partita la manovra per disarcionare l’attuale inquilino di palazzo Chigi. Qualcuno, tra i Cinque stelle, vede prendere forma di una trama per arrivare al “governo Colao”, altri non capiscono, un po’ tutti vedono come carico di implicazioni lo smarcamento di Berlusconi, proprio sul Mes: un modo per dire “io ci sono”, in vista di equilibri futuri.

Non c’è dubbio che la vicenda europea ha avuto l’effetto di un detonatore in un governo che, paradossi della storia, in Europa è nato di fronte alla minaccia sovranista e ora sull’Europa certifica una crisi politica di fondo. Ma è solo il detonatore di un malessere più profondo, legato alla consapevolezza che qualcosa non sta funzionando, tra una conferenza stampa alla Chavez, così l’ha definita il Frankfurter Allgemaine Zeitung, e l’orgia di task force e comitati che ha rallentato ancora più il processo decisionale.

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