Eurogruppo, perché è un accordo «ambiguo» (e perché tutti possono dire di aver vinto)

di Federico Fubini

Eurogruppo, perché è un accordo «ambiguo» (e perché tutti possono dire di aver vinto)

Il linguaggio spesso convoluto della diplomazia europea definisce accordi come quelli di ieri sera all’Eurogruppo, il club dei ministri finanziari dell’euro, come un esempio di «ambiguità costruttiva». Significa che tutti sono in grado di sostenere di aver ottenuto un piccolo pezzo del trofeo della vittoria ed esso non appartiene per intero a nessuno. Purtroppo la vittoria per il momento in Europa arride a un organismo circa 600 volte più piccolo del diametro di un capello, SARS-CoV-2, ma proprio per questo è il caso di provare a spiegare quali sono le difese comuni che sul piano delle politiche economiche e di bilancio l’Unione europea e in particolare la zona euro stanno provando a mettere sul terreno. Con i loro indubbi limiti, gli spiragli di qualcosa di più e i potenziali punti di forza. bruxelles

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Il linguaggio

Innanzitutto le definizioni, che nel gergo europeo sono importanti. Il comunicato dell’Eurogruppo parla di «sfida senza precedenti come conseguenze socio-economiche molto gravi». Per questo i ministri, ripetendo alla lettera le parole usate per prima da Angela Merkel, si dicono «impegnati a fare tutto il necessario» (ai tempi di Mario Draghi, in un grado di rassicurazione impercettibilmente più alto, la Banca centrale europea si disse impegnata a fare «qualunque cosa serve»). C’è poi anche un riconoscimento che nessun Paese è al sicuro se altri cadono in una depressione e in una grave crisi finanziaria a seguito della pandemia: i ministri prendono «in conto gli effetti di spill-over (sconfinamento degli impatti economico-finanziari, ndr) e e dei legami reciproci fra le nostre economie».

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