Coronavirus, i preoccupanti silenzi europei

L’Italia ha bisogno di riforme profonde, è evidente, ma questi sono ragionamenti del mondo di ieri. Gli smottamenti profondi dei mercati in queste ore dicono che Covid-19 sta portando con sé una recessione globale. Lentamente la pandemia sta paralizzando una dopo l’altra le economie più vaste e interconnesse del mondo e la loro stasi a sua volta falcidia gli utili delle imprese, innescando a catena crolli di mercati finanziari sempre più fragili e carichi di debito. Ma proprio il collasso dei prezzi di azioni, obbligazioni, oro e quasi qualunque altro valore scambiabile rende la recessione ancora più pericolosa, avviando un altro giro della spirale. Solo una reazione coordinata, decisa e fortissima dei governi e delle banche centrali delle grandi economie del pianeta a questo punto può spezzarla.

L’Italia è solo uno dei fronti aperti, fra i primi ad aprirsi e forse presto fra i primi a chiudersi sul piano sanitario. Lo stesso ridursi delle libertà personali — una strada sulla quale altri Paesi adesso ci stanno seguendo — dice che siamo in una guerra. Era meglio affrontarla senza il peso di tanti inutili bonus elettorali, senza «quota 100», con un debito in calo e con un’economia più libera e più dinamica. Abbiamo sprecato troppe occasioni di farci trovare meno impreparati, ma ora dobbiamo lottare con le armi che abbiamo nella situazione data. Sono settimane di produzione ferma, mentre crollano interi settori e il governo fa la scelta giusta: si sobbarca buona parte delle perdite delle imprese e dei cittadini. Dei 30 miliardi di imposte che dovrebbero affluire ogni mese, entrerà molto meno (anche se tante grandi aziende possono permettersi di continuare a far fronte agli obblighi fiscali). Le emissioni nette di nuovo debito pubblico sono destinate almeno a raddoppiare. E se è difficile oggi misurare che recessione sarà, è già inevitabile che si riveli profonda e che il debito dello Stato cresca in fretta rispetto a un’economia che diventa più piccola.

Servirebbe una copertura della Bce sull’Italia e tutti gli altri Paesi che lottano contro questa calamità, eppure quel che ha fatto la banca centrale per ora non basta: un aumento di 120 miliardi di acquisto di titoli di Stato nell’area euro non copre neanche una frazione dell’aumento del debito a cui dovranno ricorrere molti Paesi per permettere alle loro popolazioni di resistere senza che le imprese falliscano, milioni di persone perdano il lavoro, il tessuto sociale si sfibri. Soprattutto, la «gaffe» di Lagarde ha distrutto la fiducia degli investitori quanto alla sua capacità di tenere la situazione sotto controllo. La banca centrale può ricostruirla solo aumentando di molto la dimensione e la portata dei suoi interventi, ma è facile intuire perché finora non l’abbia fatto: i banchieri centrali espressi dal Paese più grande non vogliono.

Nel frattempo, proprio mentre resiste a ogni piano europeo, la Germania va avanti da sola. Alza un muro di cinta attorno a tutte le imprese tedesche garantendole con centinaia di miliardi di denaro pubblico e un altro muro alle frontiere — deciso all’improvviso e da sola — contro tutti i Paesi confinanti. Ognun per sé, proprio come fece nel 2008-2009 con le banche gettando le basi della crisi dell’euro. Così, senza il leader naturale, l’idea di Europa dà una prova di debolezza tale che tutti l’attaccano: Trump ci taglia tutti fuori e ci dà la colpa del contagio; l’Organizzazione mondiale della sanità, che si era astenuta fin qui per non urtare Pechino, dichiara Covid-19 una pandemia «con epicentro in Europa».

Soprattutto, il rifiuto tedesco di far operare l’euro come una vera moneta comune getta le basi di una nuova crisi nell’area. In queste condizioni un salvataggio dell’Italia con condizioni dettate dall’esterno sarebbe moralmente tossico e politicamente destabilizzante. L’opinione pubblica lo vivrebbe come un atto ostile e potrebbe eleggere alla prima occasione un governo nazionalista, antieuropeo e disposto a uscire dalla moneta unica. Così il futuro dell’euro è in gioco. Lo è in queste settimane. Covid-19 è la prova della verità di un progetto che deve funzionare davvero adesso, oppure forse mai più.

CORRIERE.IT

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