Spagna, Sanchez chiude il Paese: “È l’ora della responsabilità”. Anche sua moglie positiva. Impennata del coronavirus: 6400 contagi e 192 morti.

Coronavirus, a Madrid come in Italia: la gente sui balconi applaude chi sta combattendo


La Spagna, che da giorni era diventato il secondo Paese in Europa dopo l’Italia per contagi di coronavirus, ha subito una impennata della pandemia nelle ultime ore. Secondo El Pais i contagi sono già  e 6400 e 192 i morti. Pedro Sanchez ha dichiarato lo stato di allerta nel tentativo di arginare l’epidemia che si sta diffondendo a ritmi vertiginosi. Un Consiglio dei ministri straordinario ha adottato un decreto che mette il paese in isolamenrto, “allerta per un periodo di 15 giorni”.

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di ALESSANDRA ZINITI Tutti gli spostamenti dei cittadini sul territorio nazionale sono limitati da un decreto molto simile a quello adottato in Italia lunedì scorso. Per quanto riguarda la circolazione delle persone, il governo ha decretato che “durante la validità dello stato di allerta, i cittadini possono circolare solo lungo le strade per uso pubblico per svolgere le seguenti attività: acquisto di alimenti, prodotti farmaceutici e generi di prima necessità; assistenza ai centri sanitari; recarsi sul posto di lavoro per svolgere le proprie attività lavorative, professionali o commerciali; rientro nel luogo di residenza abituale; assistenza per persone bisognose; spostamento verso entità finanziarie e per cause di forza maggiore”.

La Spagna oggi conta 5753 contagi, mentre venerdì i casi positivi erano 4209, di cui oltre 2 mila nella regione della capitale Madrid, la più colpita (i decessi ieri erano 64). Giovedì sera, il bilancio era di 84 morti e 3.004 casi. “Purtroppo, non possiamo escludere che la prossima settimana supereremo le 10 mila persone contagiate”, ha dichiarato il capo del governo. “Siamo nella prima fase di una lotta contro il virus diffuso in tutti i paesi del mondo e in particolare nel nostro continente, l’Europa”. Lo stato di allerta dichiarato consente di mobilitare “tutti i mezzi economici, sanitari, pubblici e privati, civili e militari, per proteggere tutti i cittadini”, ha spiegato. Ma “la vittoria dipende da ognuno di noi, l’eroismo sta anche nel lavarsi le mani e rimanere a casa”, ha aggiunto.

Il Paese comincia però a essere in affanno, in particolare a Madrid. “La situazione è molto difficile, ci sono più pazienti che letti”, ha spiegato Guillen del Barrio, un’infermiera dell’ospedale di La Paz nella capitale spagnola e membro di un sindacato.

Le autorità locali hanno adottato una serie di misure per cercare di limitare la diffusione del virus. Dopo quella di Madrid – che ha chiuso anche bar, ristoranti e discoteche – diverse regioni hanno annunciato la chiusura delle scuole.

Nel nord, la Catalogna, ha decretato la quarantena di quattro località, e la chiusura di aree commerciali, palestre e stazioni sciistiche. La regione di Murcia, nel Sud-Est del Paese, ha annunciato su Twitter l’isolamento di aree turistiche di fronte al timore degli arrivi dei madrileni nelle loro seconde case. Nei Paesi Baschi, una delle regioni più colpite, le autorità hanno già dichiarato lo stato di emergenza sanitaria che facilita la mobilitazione di tutti i servizi. Per evitare che le chiese diventino focolai di contaminazione, la Conferenza episcopale spagnola ha esortato i cattolici a seguire “messe alla radio e alla televisione”. 

Nel frattempo le autorità di Siviglia insieme ai vertici religiosi della città hanno concordato di sospendere le processioni della Settimana Santa, previste dal 5 al 12 aprile. La decisione è stata presa perchè vi sono “motivi di salute pubblica sufficientemente giustificati”, in riferimento alla “paralisi delle attività per le prossime due settimane, la possibilità di dover prolungare questa situazione per un periodo più lungo, nonchè l’evidenza che il ritorno alla normalità dovrebbe richiedere tempo e, quindi, la presunzione ragionevole che le misure sanitarie preventive che saranno adottate resteranno in vigore per un periodo di tempo più lungo”.

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